È normale che in ogni uomo esista la paura. L’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti
Paolo Borsellino
L’uomo che disse queste parole fu Paolo Borsellino magistrato italiano che dedicò la sua vita alla lotta contro la mafia. Fu assassinato nella strage di Via d’Amelio insieme a cinque agenti di scorta il 19 luglio 1992 a Palermo.
Un altro grande personaggio della nostra storia contemporanea nonché maggior esponente nella lotta anti apartheid, Nelson Mandela, nei suoi anni di prigionia e di lotta politica affermava riguardo la paura:
“L’uomo coraggioso non è colui che non prova paura, ma colui che la prova e riesce a superarla”
Nelson Mandela
Anche se è difficile da credere, Borsellino, Mandela e molti altri grandi uomini della storia conoscevano intimamente la paura, ma nonostante ciò riuscivano a non cadere nelle sue insidie. La accettavano come inevitabile parte del gioco ed andavano dritti verso l’obbiettivo. Eppure un detto ricorrente nella cultura occidentale vede la descrizione di un uomo coraggioso come “un cavaliere senza macchia e senza paura” sottolineando che, per essere valorosi eroi, bisogna essere avulsi dalla paura, dal timore e dalle remore. Questo detto andrebbe sicuramente rivisto perché, come vedremo insieme in questo articolo, è impossibile per l’essere umano ambire alla totale assenza di paura poiché, nella lotta alla sopravvivenza della specie, ha rappresentato e continua a rappresentare un insostituibile alleato, anche se a volte ingombrante in quanto difficile da gestire.
Che cos’è la paura ?
Come sottolineato da Anna Oliviero Ferrari (2013) psicoterapeuta e autrice del libro Psicologia della paura , la paura rappresenta una delle emozioni primarie o di base. È innata e presente in tutte le specie animali; essa svolge la funzione di allertare l’organismo circa la presenza di una minaccia e prepararlo ad una reazione immediata. La paura è quindi un’ emozione di fondamentale importanza.
All’uomo del 2020 non serve più provare paura per sopravvivere al predatore o per trovare un rifugio sicuro, ma gli stessi circuiti neurali sono attivati da nuovi stimoli percepiti come minacciosi che il più delle volte non minacciano fortunatamente la nostra vita, ma spesso il nostro ruolo nella società: paura di perdere il lavoro, paura di fallire ad un colloquio, paura di non confermare le proprie aspettative etc…
Cosa succede al nostro corpo quando proviamo la paura ?
Stephen Porges nel 2007, basandosi sulle scoperte precedenti, ha sviluppato un complesso modello chiamato Teoria polivagale che parzialmente sintetizza cosa accade all’organismo posto in forti condizioni di stress.
Quello che ci è utile sapere per comprendere cosa succede al corpo quando si innesca la paura può essere semplificato seguendo due principali tappe.
- Percezione della minaccia: Percepita la minaccia dai sensi (vista, olfatto, tatto, udito) come ad esempio all’udire di urla improvvise, tale informazione attiva l’Amigdala ed aumenta la secrezione di adrenalina. Si attiva il Sistema Nervoso Simpatico che è responsabile, insieme al Sistema Nervoso Periferico, di tutte le sensazioni fisiologiche collegate alla paura (contrazione delle viscere, sudorazione delle mani, tremore, iperventilazione etc…).
- Attivazione di strategie di reazione alla minaccia: Il Sistema Nervoso Simpatico secondo S. Porges è responsabile della preparazione di due risposte comportamentali del corpo di reazione alla minaccia.
- Fight “il combattimento”: prepara il corpo a combattere attivamente la minaccia. In natura si ritrova soprattutto nei predatori.
- Flight “la fuga”: Preparazione alla fuga. In natura si ritrova prevalentemente negli erbivori.
Il Sistema Nervoso Parasimpatico ha il compito di disattivare l’organismo e riportare il corpo ad un stato di rilassamento fisiologico (“rest and digest”). Inoltre il Sistema Nervoso parasimpatico si attiva anche mettendo in atto due strategie:
- Freezing “il congelamento”: Consiste in una strategia di immobilità tonica, nella quale si prende tempo e si pondera su quale reazione mettere in atto.
- Faint “lo svenimento”: Questa strategia viene definita anche “finta morte”. In natura si ritrova nei rettili e viene messa in atto quando la situazione non consente altre vie di fuga.
Come si manifesta la Paura ?
Nel 2008 Paul Ekman con lo studio delle espressioni facciali ha individuato le caratteristiche fisiognomiche e le micro espressioni facciali tipiche della paura: sopracciglia sopraelevate, palpebre superiori sollevate, pupille dilatate, palpebre inferiori tese e labbro leggermente allungato verso l’orecchio. La massima apertura degli occhi serviva all’ essere umano, nel corso dell’evoluzione, a vedere meglio la minaccia in arrivo.
A livello comportamentale una delle manifestazioni più frequenti della paura è l’ evitamento dello stimolo temuto .Secondo una prospettiva evolutiva evitare di lanciarsi da un dirupo o evitare di sfidare un leone ha sicuramente sempre dato i suoi frutti.
La paura è la via per il Lato Oscuro. La paura conduce all’ira, l’ira all’odio; l’odio conduce alla sofferenza. Ah… Io sento in te molta paura.
Yoda- Star Wars
Una risposta comportamentale alla paura può essere la violenza o l’aggressività?
Il modello di reazione alla minaccia “Fight” (il combattimento ) precedentemente illustrato ci spiega come l”aggressività possa rappresentare una delle possibili risposte comportamentali a questa emozione. Tuttavia l’aggressività rappresenta una reazione viscerale ed immediata di difesa che ci consente di affrontare momentaneamente la paura ,ma che non porta con sé alcuna elaborazione più profonda della minaccia.
Abbiamo visto quindi come la paura si esprime nel singolo individuo, ma cosa succede a questa emozione quando è inserita in una folla? Se dovessimo incontrare uno sguardo terrorizzato nel bel mezzo di una moltitudine di persone che effetto ci farebbe?
La cronaca ed il nostro vissuto quotidiano possono essere fonte di ispirazione per richiamare alla mente un’infinità di esempi. Infatti noteremmo che un individuo spaventato o in difficoltà, inserito in una folla, raramente riceve aiuto. Come mai questo accade se, come ci siamo detti in precedenza, la paura è un’ emozione chiaramente riconoscibile in ogni sua espressione e che evolutivamente ci ha aiutato a sopravvivere?
Nel 1968 due psicologi sociali, Darley e Latanè, verificarono la presenza di un fenomeno noto come “l’effetto spettatore”, evidenziando come: tanto più numerose sono le persone in grado di accorrere in aiuto di un individuo in una situazione di pericolo, tanto meno ciascuna di loro si sentirà investita della responsabilità di agire e quindi, molto probabilmente, nessuno interverrà. Questo fenomeno viene chiamato anche diffusione di responsabilità.
Il comportamento tenuto dalla maggioranza viene usato come informazione utile per l’interpretazione dello stato di emergenza, quindi viene utilizzato come modello da seguire.
Se invece sono più individui a percepire la minaccia, e quindi la paura, all’interno di una folla si può trasformare velocemente in “panico collettivo “. Il panico consiste in una esasperazione della paura e si esprime in un comportamento privo di finalità, disorganizzato e guidato dall’incertezza che può portare facilmente a condotte pericolose sia per l’individuo che per il gruppo (come ad esempio negli stadi).
Il sociologo Gabriel Tarde nei primi del 1900 definiva il comportamento dell’uomo inserito in una folla come il comportamento di un uomo privo di una coscienza propria.
L’uomo sociale è un uomo sonnambulo
Tarde
Come gestire la Paura?
La paura dal momento in cui si innesca raggiunge velocemente un picco di attivazione. Terminata la percezione di minaccia la paura decresce nel corso di una determinata quantità di tempo riportando il corpo alla condizione originaria.
Se la vivi tu per primo:
Chi di noi non desidererebbe avere un “ libretto di istruzioni “ per la gestione della paura? Sfortunatamente questo non è possibile . Esistono infatti infinite paure in ognuno di noi che emergono nel corso della vita. Alcune si sono rivelate utili, come la paura di bruciarsi che da bambini ci teneva lontani dal camino, altre invece che ci hanno limitato, come la paura degli spazi chiusi, che ci fa scegliere di fare 10 piani di scale piuttosto che prendere l’ascensore.
Quando ci troviamo davanti ad una paura che vincola inevitabilmente le nostre scelte di vita e ci limita, vuol dire che stiamo mettendo in atto delle strategie di evitamento e non stiamo effettivamente affrontando il problema.
Un primo passo verso la gestione di questa emozione potrebbe essere comprenderne l’origine.
La paura è una emozione “di difesa”, quindi è importante chiederci da cosa sentiamo la necessità di difenderci e riflettere su quanto, nonostante sia automatico provarla, sia realistica la minaccia percepita. Inoltre, una buona parte della gestione di un’ emozione sta nella consapevolezza della sua esistenza e delle sue dinamiche. Come spiegato nell’articolo, la paura è una componente essenziale del pacchetto “esseri umani”. Mantenere un buon livello di consapevolezza su ciò che stiamo vivendo, mentre lo stiamo vivendo, è complesso. In psicologia queste competenze si definiscono come “capacità metacognitive” che consentono di essere consapevoli delle proprie dinamiche mentali, emotive e cognitive e quindi di comprendere anche più chiaramente le emozioni altrui.
Prendiamo in considerazione un esempio che ci può aiutare a capire meglio come gestire la paura.
Marta, ha 27 anni, ed è stata convocata per un importante colloquio di lavoro. La paura di fallire il colloquio e di fare brutta figura entra in gioco al solo pensiero dell’incontro provocandole dei chiari segnali fisiologici (sudorazione alle mani, batticuore, contrazione allo stomaco, etc.). Marta si rende conto che lo stato di agitazione provocato dalla paura non la aiuta ad affrontare serenamente il colloquio e non è adeguato al contesto. Come prima reazione Marta eviterebbe volentieri di andare al colloquio ma si rende conto che questa strategia non la porterebbe da nessuna parte. Riflette quindi su cosa le fa paura del colloquio (di essere giudicata male, di fallire, di fare brutta figura etc.) e sulle conseguenze catastrofiche davanti ad un ipotetico fallimento (se fallisco questo colloquio fallirò anche tutti gli altri e non troverò lavoro). Marta si accorge che la sua paura non è razionale e così facendo riesce a diminuire l’attivazione fisiologica collegata all’emozione e ad affrontare il colloquio più concentrata.
In questo esempio Marta ha dimostrato di essere consapevole di cosa comporta provare paura. Ha riflettuto e ponderato sui suoi pensieri e su quanto questi fossero razionali ed ha infine deciso di tenere in considerazione la sua agitazione come parte della situazione, senza farsi bloccare da essa.
Alcune ricerche evidenziano ottimi risultati nella gestione della paura praticando delle tecniche di mindfulness. A tal proposito, per chi volesse saperne di più, potete leggere il nostro articolo in archivio!
Se la vedi negli altri:
Ricordati quanto detto sul fenomeno dell’effetto spettatore e sul Panico collettivo. Nel primo caso intervieni cercando di verificare se effettivamente la persona in difficoltà è assistita da qualcuno o se si sta verificando l’effetto spettatore pertanto nessuno sta reagendo. Se dovessi sfortunatamente trovarti in una situazione di panico collettivo, rifletti attentamente sull’ efficacia dei comportamenti messi in atto dalla folla.
Esiste una paura patologica ?
Quando la paura diventa pervasiva è di difficile gestione e può dar luogo alle più comuni psicopatologie quali le Fobie e tutta la categoria dei disturbi d’Ansia.
Fobia e Ansia sono le parenti ingombranti della Paura. Infatti in entrambi i casi la risposta di evitamento viene applicata a stimoli animati o inanimati come nelle Fobie (aracnofobia, agorafobia, vertigini) o a specifici contesti di vita percepiti come minacciosi come nel caso dei disturbi d’Ansia (ansia sociale, ansia generalizzata etc.). Il benessere generato dall’evitamento dello stimolo temuto è spesso temporaneo e va a creare un senso di sfiducia personale rendendo lo stimolo temuto sempre più difficile da fronteggiare.
Esistono training specifici per il trattamento delle Fobie (Desensibilizzazione sistematica ) e per il trattamento dei Disturbi d’Ansia (Cognitive Bheavior Therapy for Anxiety Disorders).
Sarebbe opportuno in questo caso affrontare le vostre difficoltà insieme ad uno psicoterapeuta, ad esempio specializzato nell’approccio cognitivo comportamentale, le cui tecniche hanno riscontrato maggior efficacia terapeutica per il trattamento dei disturbi D’Ansia.
Scopri chi sei, e non avere paura di esserlo
Mahatma Ghandi
Giulia Civadda
Bibliografia
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