La violenza nella relazione di coppia: quando si è vittime di violenza di genere nelle relazioni intime.

violenza nelle relazioni
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Perché spesso le donne maltrattate non denunciano le violenze subìte? Perché è così difficile allontanarsi da un partner violento? Perché si parla spesso di violenza sulle donne e non di violenza da parte delle donne sugli uomini? Cosa si può fare quando ci si accorge di essere all’interno di una relazione violenta o lo è qualcuno che ci è vicino?

Queste sono domande che sempre più frequentemente ci si pone, soprattutto dopo aver sentito parlare al telegiornale della quantità degli episodi di violenza sulle donne: nel 2020, sono state 113 le vittime di femminicidio in Italia, di cui 99 in ambito familiare/affettivo, tra queste 67 sono avvenute per mano di partner o ex partner [1]. Tali notizie sono accompagnate da incredulità e molti quesiti sul perché sia così difficile allontanarsi da un partner violento.

È importante avere a mente che si tratta di un fenomeno presente a tutti i livelli della società, al di là di età, cultura, titoli di studio o classe sociale. Non bisogna, inoltre, alzare un muro tra noi e tali eventi pensando che si tratti di situazioni che non ci potranno mai toccare.

Perché si parla di violenza sulle donne e mai sugli uomini?

La violenza sugli uomini esiste ed è un fenomeno di altrettanta importanza e considerazione. In questo articolo ci concentreremo, però, sulla violenza esercitata nella coppia da parte di un uomo poiché i dati relativi al fenomeno indicano un’incidenza numericamente maggiore dei casi di violenza sulla donna, specie quelli con esito letale.

Si tratta davvero di amore?
Per prima cosa, occorre sottolineare come una relazione sana si fondi su un rapporto d’amore in cui si è liberi/e di essere se stessi/e, in cui c’è rispetto per sé e per l’altro/a, senza la paura di ricevere giudizi ed imposizioni da parte del/della partner. Sono sempre più numerose le coppie che, tuttavia, vivono una quotidianità fatta di paura, scoppi d’ira, sentimenti d’inferiorità, inadeguatezza e violenza.
Spesso, non ci si accorge subito di subire violenza, specie quella esercitata nelle sue forme più nascoste, e molti comportamenti vengono minimizzati, normalizzati o considerati “gesti d’amore”. Riconoscere la violenza è fondamentale dal momento che consente di identificarla e darle un nome, permettendo di individuare i fattori che la caratterizzano, al fine di prevenirne l’escalation che può culminare nel femminicidio.

Cosa si intende con violenza di genere?

Con violenza di genere si fa riferimento ad ogni atto di violenza, fondato sull’appartenenza ad un genere, che comporti o possa comportare danno, sofferenza fisica, psicologica o sessuale per la vittima, includendo la minaccia di questi atti, coercizione o privazione della libertà [2]. Molte sono le modalità tramite cui può esprimersi nella sfera pubblica e privata. Concentrandoci sulla relazione di coppia, la violenza assume diverse forme.
Sappiamo cos’è la violenza fisica, ma un aspetto che vale la pena sottolineare riguarda le giustificazioni che l’autore di violenza utilizza dopo tali azioni. Ad esempio, l’aggressore può dare la colpa a problemi economici, stress da lavoro o studio, la colpa è di quel bicchiere in più bevuto, oppure viene giustificato con motivi legati alla cultura o ad eventi traumatici passati. Può minimizzare quello che è successo dicendo che “è successo solo una volta” o “è stato un incidente”, aggiungendo la promessa che non accadrà più. Oppure, può invertire la responsabilità del gesto, utilizzando frasi come “è stata lei a provocarmi”, “mi stressa”, “mi fa ingelosire”, attribuendo così la colpa della violenza alla vittima.
Tali giustificazioni rappresentano un comportamento manipolatorio definito gaslighting, il quale consiste nel far credere alla vittima che il proprio comportamento sia ragionevole.


Mentre la violenza fisica è vistosa e ben evidente, gli altri tipi di maltrattamento sono più sottili e difficili da rilevare anche per la stessa persona che li subisce, come ad esempio la violenza sessuale. Solitamente non si tende a pensare, infatti, che questa possa avvenire all’interno di una relazione di coppia, tuttavia costringere la partner a subire rapporti sessuali con la minaccia o con la forza, con il ricatto psicologico o essendo fisicamente brutali è violenza sessuale [3].
Anche la violenza economica è una forma più nascosta attraverso cui il maltrattante esercita il controllo del comportamento sulla vittima al fine di impedirne l’indipendenza economica. Il controllo avviene tramite la distribuzione di precise quantità di denaro, minacciando di negare risorse economiche o esponendo a debiti.

La violenza psicologica consiste in comportamenti volti all’umiliazione e alla svalorizzazione. Può implicare insulti, spesso non diretti ed espliciti, ma mascherati sotto forma di battute, minacce, intimidazioni, persecuzioni. La donna con il suo aspetto fisico, le sue capacità genitoriali, lavorative e intellettive diviene oggetto di critiche. Molte volte, la violenza psicologica nella coppia assume le sembianza di eccessiva gelosia, della messa in atto di comportamenti di stalking, del controllo ossessivo e di atteggiamenti volti a sminuire la partner, che viene rimproverata e spesso persino derisa. È una violenza più pervasiva di quella fisica perché attacca la fiducia in se stessi e l’autonomia individuale. La bassa autostima può portare a considerarsi inferiore, non degna di considerazione ed induce a mantenere un legame con il maltrattante. La vittima può arrivare ad assumere la prospettiva del proprio abusante, convincendosi che nessun altro la vorrebbe o la potrebbe amare e desiderare [4 5]

A tutto ciò si aggiunge la difficoltà nel parlare di questo vissuto.

L’isolamento costituisce, infatti, una delle strategie che l’abusante può utilizzare per privare la partner delle possibilità di contatto e supporto sociale, fondamentali per trovare la forza e il sostegno necessari ad uscire dalle dinamiche in cui si trova invischiata. Può accadere che l’uomo cerchi di isolare la donna, che la tratti come un oggetto di cui è proprietario adducendo la scusa di volerla proteggere e allontanandola da coloro che non capiscono il suo amore. Così facendo, la donna viene limitata nei contatti con i propri familiari, con le amicizie, o nella possibilità di coltivare hobby o altri interessi. Le si impedisce anche di lavorare al fine di escluderla dal contesto sociale lavorativo e rinforzare la sua dipendenza economica [3].

Attraverso l’uso della minaccia e di attacchi verbali, il maltrattante trascina la partner in una condizione di paura. Questa emozione, però, è ambivalente: da un lato, la vittima prova timore nel rimanere vicino al maltrattante, dall’altro, è spaventata dall’allontanarsene perché teme conseguenze per sé e per gli/le eventuali figli/e presenti (di violenza assistita abbiamo parlato in un articolo precedente). Tale paura, spesso, rimane anche dopo la fine della relazione [6].

Ne consegue che la donna, di fronte alle situazioni di violenza subita, tenda a mettere in atto comportamenti di sopravvivenza, invece che di fuga dalla situazione. Questi comportamenti si traducono perlopiù nello sviluppo di meccanismi di difesa, utili a non vedere una realtà che si avverte come troppo dolorosa: temere per la propria incolumità, sentirsi impotente ed avvertire che la vita è in mano al maltrattante è così totalizzante che l’unico modo per sopravvivere sembra essere quello di sviluppare un atteggiamento passivo, diventando remissiva per placare l’ira del partner ed evitare conseguenze peggiori.

Come si può, allora, interrompere questo “amore violento” ed uscire dalla relazione?

Succede spesso che le vittime arrivino nei centri antiviolenza per chiedere aiuto dopo qualche episodio di abuso e, successivamente, non ritornino più, decidendo di provare nuovamente a salvare la relazione con il partner.

È importante maturare la consapevolezza che nella maggior parte dei casi i comportamenti violenti non smettono facilmente, che le promesse di cambiamento possono essere infrante, ma che il ruolo di vittima è situazionale e ci si può allontanare da una relazione violenta. Il cambiamento è possibile attraverso l’aiuto di altre persone.

Il supporto sociale e la rete di amici e familiari sono fondamentali e aiutano nel processo di ricostruzione di sé e della propria vita dopo la separazione. I servizi offerti dai centri antiviolenza sono complessivi, gratuiti e basati sulla riservatezza, permettono di tracciare percorsi di uscita dalla violenza che più si adattano ai bisogni della donna e forniscono aiuto su più fronti (legale, psicologico, lavorativo, di accoglienza).

Ci sono servizi e persone che possono aiutare entrambi i partner ad uscire dal ciclo della violenza.

La segnalazione della violenza è importante anche per la cura del maltrattante: sono sempre più presenti sul territorio centri per uomini maltrattanti che permettono di effettuare dei percorsi di sostegno e recupero attraverso processi di responsabilizzazione delle azioni violente commesse, consapevolezza delle conseguenze delle stesse e programmi di supporto psicologico.

Cosa fare se ho il sospetto che una persona a me vicina subisca violenza dal partner?

Esiste un solo modo per saperlo con certezza: chiederlo direttamente.

Spesso le donne sono reticenti a parlare per vergogna, perché si sentono in colpa o temono di non essere credute, per paura che il partner venga a saperlo e che la situazione possa ulteriormente peggiorare. Secondo i dati ISTAT [7], il 40% delle donne non parla con nessuno delle violenze subite dal partner. 

È molto importante ascoltare, offrire il proprio supporto, con atteggiamento non giudicante e non forzare a prendere decisioni. È fondamentale far capire che non c’è nessuna giustificazione alla violenza e che è una responsabilità esclusiva di chi l’agisce.

Si possono fare domande per capire la gravità e la durata della situazione. Non conoscendo le dinamiche precise che caratterizzano la relazione, è meglio non azzardare consigli, ma chiamare un centro antiviolenza o, in caso di reale imminente pericolo, contattare le forze dell’ordine [8].

L’amore rende felici ed è espressione di libertà, non intrappola, non prevalica e non lascia lividi.

“Non cercate di salvare chi non sa amare, salvate voi stesse piuttosto”

Susanna Casciani

Riferimenti utili:

  • 1522 Numero Anti Violenza e Anti Stalking, multilingue, attivo in Italia 24 ore su 24 tutti i giorni dell’anno
  • APP 1522: App del numero Anti Violenza e Anti Stalking tramite cui collegarsi con operatrici specializzate per un’immediata richiesta di aiuto. Permette di chiamare o chattare con un’operatrice, azionare dispositivi di emergenza e offre consigli per la sicurezza.

Segnale di aiuto (immagine di seguito) diffuso dall’associazione Canadian Women’s Foundation nell’aprile del 2020 e diffuso in tutto il mondo per comunicare una situazione di violenza. Non esiste, tuttavia, un protocollo di intervento associato alla visione del gesto. Meglio, quindi, rivolgersi sempre al 112 o al 1522 per segnalare o chiedere consiglio quando si viene a conoscenza di una situazione di violenza.

Dott.ssa Francesca Mannello e Dott.ssa Alice Guglielmi

Bibliografia

1. Servizio Analisi Criminale. Dipartimento della pubblica sicurezza. Direzione Centrale della polizia criminale. Ministero dell’Interno. 8 marzo – Donne Vittima Di Violenza (2021)

2. Declaration on the elimination of violence against woman, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 20 decembre 1993, New York

3. Baldry, A.C. (2016). Dai maltrattamenti all’omicidio. La valutazione del rischio di recidiva e dell’uxoricidio.

4. Walker, L. E. (1980), Battered Woman, Paperback, New York.

5. Dimaggio, G. (2016). L’illusione del narcisista. Baldini & Castoldi Editore

6. Schimmenti, V., Craparo, G. (2014), Violenza sulle donne: aspetti psicologici, psicopatologici e sociali, Franco Angeli, Milano;

7. Istat, 2015, La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia. Anno 2014

8. Casa delle donne per non subire violenza onlus. Vademecum per aiutare una donna che subisce violenza.

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