Quante volte ci siamo sentiti dire “sarà lo stress!” quando abbiamo mal di stomaco o avvertiamo un po’ di stanchezza?
Certamente incolpare lo stress può avere un fondo di verità dovuto ai tanti cambiamenti nello stile di vita e nelle abitudini delle persone, ma generalizzare i suoi effetti è errato e molto pericoloso. Il rischio, appunto, è quello di considerarlo come “parte integrante” della nostra esistenza moderna. L’abuso delle diagnosi “fai-da-te” si basa proprio su una mancata corretta informazione sui meccanismi di azione dello stress, che possono agire influenzando l’esordio o il decorso di diverse patologie.
Lo stress, infatti, ha un impatto molto complesso e, per questo motivo, è largamente studiato nella sua interazione con altre malattie, soprattutto nel rapporto tra malattie croniche e stress cronico. Non ci si riferisce, quindi, al mal di pancia il giorno prima dell’esame (stress occasionale), ma all’impatto di eventi stressanti cronici sulla capacità del corpo di reagire ad una malattia a lungo termine, come nel caso della sclerosi multipla.
Prima di investigare come lo stress agisca sulla sclerosi multipla, è necessario fare un piccolo passo indietro ed inquadrare il concetto di stress. Hans Selye lo definisce “la risposta del corpo ad ogni richiesta operata su di esso” (Selye, 1974). Lazarus e Folkman, successivamente, ampliano la definizione sottolineando il ruolo della valutazione cognitiva soggettiva. Uno stesso stimolo, infatti, può essere più o meno impattante a seconda della valutazione che se ne fa (Lazarus & Folkman, 1984). È questo uno dei punti cardine quando si lavora sulle strategie per fronteggiare positivamente eventi di vita drammatici.
Lo stimolo stressante può essere acuto oppure cronico. Le richieste, infatti, possono occorrere in modo singolo (acuto), oppure possono ripetersi nel tempo e perdurare nonostante gli sforzi dell’individuo (cronico).
In questo senso, una malattia degenerativa come la sclerosi multipla diventa a pieno titolo uno stimolo stressante cronico.
Esiste un’enorme variabilità nella sclerosi multipla: differenze nella sintomatologia, nei decorsi, nel grado di disabilità e anche nella terapia. La più frequente, con esordio in giovane età, è la sclerosi multipla recidivante-remittente. Si presenta con ricadute acute seguite da periodi di durata variabile in cui i sintomi sono stabili. Nelle ricadute emergono disturbi sensitivi e motori che successivamente possono migliorare o persistere. La prognosi è incerta. Molte forme, per fortuna, rimangono stabili per decenni, senza condurre mai a una disabilità funzionale. In altri casi, il processo degenerativo è più rapido e grave. Il meccanismo patologico di base è un’infiammazione nel sistema nervoso centrale che porta alla perdita di mielina, la sostanza che avvolge l’assone e permette la trasmissione dei segnali sensitivi e motori (https://www.aism.it/).
Ricevere la diagnosi di sclerosi multipla attiva una moltitudine di reazioni, alimentate spesso dall’incertezza e dalla poca attenzione affidata a questo momento delicato. Il significato attribuito alla malattia dipenderà dalle proprie attitudini personali e dalla rete supportiva.
“[…] Dovevo pensare che avrei dovuto prendere il buono da quello che mi stava succedendo […]”. “[…] Ero veramente spaventata […] Poi, mi sono arrabbiata […] Sono troppo attiva e faccio troppe cose. E non posso smettere.”
(Murray, Holland & Saunders, 2012).
In tutti i casi, il periodo attorno alla diagnosi comporta uno stress psicologico non indifferente, in quanto il soggetto si trova a dover negoziare nuove abitudini e ad aggiungere una patologia cronica alla sua identità. Il rischio concreto è che, in assenza di un’adeguata rete supportiva, si crei un circolo vizioso di confusione e disperazione. L’incertezza del decorso, infatti, aggrava la percezione del proprio stato di salute, e di conseguenza lo stato di benessere generale declina (Siegert & Abernethy, 2005).
Uno studio mostra come il tasso di sintomi depressivi sia più alto in questa patologia rispetto alle altre malattie croniche (Thomas,Thomas, Hillier, Galvin & Baker, 2006). Nelle prime fasi, tuttavia, la dimensione più frequente resta quella dell’ansia. Ricercatori italiani hanno misurato i sintomi ansiosi nei giorni attorno alla diagnosi, replicando la misurazione dopo 1 e 6 mesi: i risultati mostrano livelli molto alti rispetto alla popolazione generale (Giordano et al., 2011). Il dato in sé è facilmente comprensibile, ma invita a riflettere sull’urgenza nel dedicare più attenzione ai cambiamenti dell’umore in persone che hanno appena ricevuto questo tipo di diagnosi.
In un’ottica multifattoriale, trattare precocemente i sintomi ansiosi e depressivi, quando sono presenti, favorisce le strategie di coping dell’individuo, riducendo il malessere a lungo termine.
Le ricadute nella sclerosi multipla recidivante-remittente dipendono da moltissimi fattori, ma tra questi rientra anche lo stress cronico. Il rischio di esacerbazioni, infatti, aumenta nel caso di stress a lungo termine. In questo una possibile spiegazione è data dall’aumentata produzione di cortisolo, l’ormone dello stress, che a sua volta innesca un meccanismo a cascata che aumenta il rischio di infiammazione (Mitsonis et al., 2010).
Accanto alla terapia farmacologica, allora, un’attenta valutazione psicologica ed eventuali terapie mirate possono rappresentare uno strumento prezioso di prevenzione delle ricadute. Questo richiede una buona cultura psicologica, realizzata tramite corrette informazioni e comunicazioni chiare.
Accanto alla malattia organica esiste una mente capace di affrontare il dolore, trasformandolo in speranza e opportunità.
Trattare la sclerosi multipla significa, quindi, anche lavorare sulle tecniche personali di fronteggiamento dello stress dell’individuo ed esplorare i diversi significati di un evento drammatico. Per fare questo, la cura del benessere psicologico è imprescindibile.
Marina Cariello
Bibliografia
Giordano A., Granella F., Lugaresi L., Martinelli V., Trojano M., Confalonieri P., Radice D., Solari A. Anxiety and depression in multiple sclerosis patients around diagnosis. Journal of the Neurological Sciences 307 (2011) 86–91.
Journal of Neurology Neurosurgery & Psychiatry 2005; 76(4):469-475.
Lazarus & Folkman, 1984. Stress, appraisal, and coping.
Mitsonis C. I., Zervas I. M., Potagas C. M., Mitropoulos P. A., Dimopoulos N. P., Sfagos C. A., Papadimitriou G. N., Vassilopoulos D. C. Effects of escitalopram on stress-related relapses in women with multiple sclerosis: An open-label, randomized, controlled, one-year follow-up study. European Neuropsychopharmacology (2010) 20, 123–131.
Murray, T. J., Holland, N. J., & Saunders, C. (2012). Multiple Sclerosis : A Guide for the Newly Diagnosed: Vol. 4th ed. Demos Health.
Siegert RJ, Abernethy DA. Depression and multiple sclerosis: a review.
Selye H (1974) Stress without Distress. New American Library, New York.
Thomas PW, Thomas S, Hillier C, Galvin K, Baker R. Psychological interventions for multiple sclerosis. Cochrane Database Syst Rev 2006(1).