“The tragedy of the commons” così Hardin (1968) ha intitolato il suo articolo che delinea in modo efficace il quadro della condizione umana in un mondo dalle risorse limitate. Sappiamo bene che seppur il numero della popolazione sia enormemente aumentato nei secoli, le risorse comuni restino comunque limitate: acqua, aria, terra, minerali etc.
A meno che non sia un gruppo numericamente considerevole a metterlo in atto. La terribile conseguenza è l’idea che noi, come singoli, non abbiamo il potere di cambiare le cose e da ciò la perseveranza nelle stesse dannose abitudini, immobilità e resistenza al cambiamento. Cambiare significa interrompere un comportamento che per noi è diventato un’abitudine e farlo è spesso molto faticoso, lo sappiamo. Agire secondo schemi già appresi e predefiniti (comprare la solita confezione di banane già pronta anziché acquistarle sfuse, per esempio) ci permette sicuramente di risparmiare energie cognitive, è lo stesso motivo per cui tendiamo a ragionare per categorie: facilitare il nostro adattamento all’ambiente, rendere più semplice e prevedibile la realtà in cui viviamo; a ragione, dopotutto perché intraprendere una strada più lunga quando si conosce già una scorciatoia?! Nessuno ha voglia di sprecare energie inutilmente, eppure in certi casi un piccolo sforzo può essere di vitale importanza, quante volte preferiremmo buttare tutto nell’indifferenziato anziché intraprendere quel lavoro certosino di divisione dei materiali?! Quanto sono più comode e leggere le bottiglie di plastica usa e getta rispetto a quelle di vetro che vanno puntualmente riempite?!
Veniamo dunque al nocciolo della questione: come riuscire ad innescare un cambiamento? E’ ovvio che non esiste una formula magica per questo, ci sono però moltissimi fattori che possono influenzare un certo comportamento ed una determinata situazione – in questa sede non ci poniamo senz’altro l’obiettivo di esaurirli tutti ma, almeno, di dare alcuni spunti.
Innanzitutto si tratta di capire come dare il messaggio, entriamo quindi nell’ambito della comunicazione. Uno dei rischi che molto spesso si corre è quello di mandare messaggi apocalittici per cui si provoca nel pubblico una reazione di paura e la sensazione che sia ormai tutto perso e nulla si possa fare, di conseguenza verranno, probabilmente, messe in atto strategie volte ad allontanare da sé il problema, evitando di vederlo perché troppo spaventoso da gestire. Sarebbe meglio allora mandare messaggi che suscitino un sentimento di empatia, di responsabilità e comunità, un senso del “noi” in cui si veicoli il messaggio che qualcosa sì che si può fare.
Altre modalità invece riguardano il tentativo di disincentivare comportamenti negativi, ad esempio aumentando il prezzo della benzina per cercare di ridurre le emissioni di CO2, o quello delle buste di plastica per cercare di ridurne l’utilizzo e così via. Dall’altro lato però è altrettanto fondamentale offrire l’alternativa migliore e quindi incentivare i comportamenti positivi, ad esempio migliorando le piste ciclabili, riducendo il prezzo dei mezzi pubblici, offrendo premi per i lavoratori che praticano car-pooling e così via. Non solo agendo dal punto di vista economico si ottengono risultati ma anche andando ad agire sullo status sociale dell’individuo: una persona sarà tanto più propensa a comportarsi in un certo modo quanto più riconoscimento sociale penserà di ottenere attraverso quel comportamento (Sadalla e Krull, 1995). Altro aspetto da non sottovalutare sono i feedback: quando ci sforziamo di compiere una determinata attività ci sentiamo molto più motivati se abbiamo modo di conoscere i progressi che stiamo facendo, se stiamo migliorando o meno, perciò è sempre importante monitorare ed informare circa i risultati ottenuti dalla messa in atto di determinati comportamenti. Sapere ad esempio quanta acqua ho risparmiato nell’ultimo mese grazie alle particolari attenzioni prestate per limitarne lo spreco, sarebbe un incentivo a continuare.
Non dimentichiamoci inoltre dell’importanza del divertimento, del creare messaggi divertenti e della possibilità di sorridere, che portano spesso a risultati molto positivi, ad esempio dipingere una scalinata con colori arcobaleno potrebbe offrire un motivo in più per prendere le scale (e magari scattarsi un selfie) piuttosto che l’ascensore; un messaggio divertente, come una battuta del tipo: “consuma calorie, non elettricità” posta all’inizio di una scalinata, potrebbe sortire un effetto più positivo di un messaggio che invece crea ansia, come: “fare attività fisica riduce il rischio di infarto”. Ecco allora che il design degli spazi urbani, pubblici e privati può giocare un ruolo molto importante nel favorire una certa condotta.
Pensiamo ad esempio alla maniglia di una porta, la sua forma certamente invita ad essere afferrata e spinta verso il basso per aprire la porta, mentre le uscite di emergenza, per facilitare la rapidità di uscita, presentano un maniglione rosso che va semplicemente spinto, se una porta si presentasse senza maniglia somiglierebbe molto probabilmente ad un muro e sarebbe più difficile pensare di aprirla. Creare nei rotoli scottex più punti di taglio, con possibilità di strappare pezzi più piccoli dei classici tovaglioloni, ad esempio, inviterebbe le persone ad utilizzare di volta in volta meno carta (alcune marche di rotoloni lo stanno già facendo!). La possibilità di modificare l’aspetto degli oggetti e dell’ambiente che ci circonda per invitare a compiere determinate azioni, è quindi un’ulteriore possibilità su cui intervenire per sollecitare il cambiamento, che dovrebbe guidare il design degli spazi e degli oggetti.
Last but not least: l’importanza dell’informazione, diffondere articoli, notizie, favorire l’informazione di qualità, per quanto non scontato di questi tempi, è sicuramente fondamentale. Creare conoscenza e consapevolezza rappresenta come sempre un’ottima strada da percorrere.
Martina Mancinelli
Bibliografia
Bell, P. A., Greene, T. C., Fisher, J. D., & Baum, A. (1996). Environmental psychology. Harcourt.
Gibson, J. J. (1977). The theory of affordances. Hilldale, USA, 1(2).
Hardin, G. (1968). The tragedy of the commons. Science, 162(3859), 1243-1248.
Sadalla, E. K., & Krull, J. L. (1995). Self-presentational barriers to resource conservation. Environment and Behavior, 27(3), 328-353.
Withagen, R., De Poel, H. J., Araújo, D., & Pepping, G. J. (2012). Affordances can invite behavior: Reconsidering the relationship between affordances and agency. New Ideas in Psychology, 30(2), 250-258.