Definizione e storia
Sfatiamo una credenza comune tra chi non conosce questa branca della psicologia: lo psicologo giuridico non smaschera i criminali, per quello c’è il protagonista di The Mentalist. Come Patrick, però, applica alcune conoscenze psicologiche al contesto giudiziario.
La Psicologia giuridica assume come ambito di studio e di intervento individui e gruppi nel contesto della giustizia proponendosi anche di connettere scienze psicologiche, scienze umane e diritto. Si occupa infatti dei processi cognitivi, emotivi e comportamentali aventi rilevanza per l’amministrazione della giustizia, con riferimento alle persone intese sia come autrici di reato sia partecipanti al processo giudiziario in qualità di imputati, testimoni, parti lese, avvocati e giudici.
(CNOP, Consiglio Nazionale Ordine Psicologi)
La Psicologia giuridica è infatti un vasto settore della psicologia applicata che si occupa di tutte le problematiche psicologiche che insorgono nella pratica giudiziaria. La Psicologia forense, invece, è una sottocategoria della psicologia giuridica e indaga i fattori psicologici rilevanti ai fini della valutazione giudiziaria.
Esistono anche altre discipline che potrebbero creare confusione: all’antropologia criminale e alla criminologia vengono demandati i temi più specificamente legati allo studio del criminale e del suo trattamento, mentre le problematiche squisitamente legali sono per lo più di competenza dei giuristi e dei filosofi del diritto. La psicologia giudiziaria, infine, studia gli aspetti psicologici che si strutturano durante il processo, come le interferenze mestiche durante la testimonianza.
La psicologia giuridica in Italia ha origini antiche che risalgono all’inizio del ‘900, epoca in cui alcuni illuminati già segnalavano le varie direzioni in cui si poteva sviluppare la materia.
Attualmente, il suo modus operandi professionale è definito non solo nel rispetto del Codice deontologico degli psicologi, ma esplicitando specifiche linee guida condivise dagli psicologi del settore, come la Carta di Noto e le Linee guida deontologiche per Psicologo Forense dell’Associazione Italiana Psicologia Giuridica (Giusberti 2013).
Attualmente la psicologia giuridica sembra avere finalmente raggiunto un punto di equilibrio fra le diverse discipline che regolano l’ambito forense, trovando una sua collocazione fra il diritto e la psichiatria forense e, come afferma Gulotta,
per il vasto campo che abbraccia può utilizzare contributi della psicologia generale, della psicologia sperimentale, dinamica, comunicazione sociale, ecc.
Gulotta, 1987
Contesti di intervento e requisiti
Lo psicologo con un’adeguata formazione giuridica può operare in diversi contesti, come per esempio presso i Tribunali Ordinario, Penale, Civile, Minorile ed Ecclesiastico, negli Istituti Penitenziari, nei Centri per la Giustizia Minorile, nelle ASL o in ambito assicurativo.
Come si vedrà, i ruoli che lo psicologo può assumere nel contesto giuridico sono svariati, ed ognuno richiede una specifica preparazione (art. 61 c.p.c.). Lo psicologo si inserisce spesso in questi contesti come libero professionista consulente.
In tribunale, principalmente le due figure professionali che ricopre sono quella di CTU (Consulente Tecnico d’Ufficio) e CTP (Consulente Tecnico di Parte): il primo viene nominato dal giudice, il secondo da un avvocato.
Mentre per ricoprire il ruolo di CTP ad un processo non servono requisiti specifici (fatta eccezione per l’iscrizione all’Albo degli Psicologi), per essere nominato CTU occorre possedere anche:
- diversi anni di pratica professionale (il numero varia da Regione a Regione)
- una formazione specifica in psicologia giuridico-forense (acquisita con una laurea specifica o un master)
- comprovate competenze cliniche e psicodiagnostiche
- una formazione mirata sulle norme e procedure inerenti il sistema giuridico nelle sue fattispecie civili, penali, amministrative ed ecclesiastiche.
Tali requisiti si rendono necessari visto l’alto grado di responsabilità, anche in termini giuridici, che il Consulente o Perito si assume al conferimento dell’incarico. Eventuali malpractices potrebbero infatti comportare gravi conseguenze come provvedimenti sanzionatori in materia disciplinare, amministrativa, penale e risarcitoria (Ferracuti 2008).
Bisogna inoltre specificare che per i CTU esiste un apposito Albo, al quale il giudice che richiede la consulenza attinge in modo perlopiù casuale. Il CTU non può astenersi dall’incarico affidatogli dal giudice (art. 63 c.pc.), se non per giusto motivo (per esempio se ha interesse nella causa o vi sono vincoli di parentela con l’imputato). Il Consulente Tecnico d’Ufficio (Perito, in ambito penale) si occuperà poi di rispondere ai quesiti del giudice, dopo il giuramento, effettuando le operazioni necessarie attraverso colloqui e sopralluoghi, somministrando test e interagendo con i CTP, che monitoreranno il suo operato a tutela delle parti. Infine il CTU stenderà la relazione finale, comprensiva delle annotazioni dei CTP.
Attività professionali e caratteristiche
Le competenze dello psicologo giuridico-forense vengono richieste in svariati casi.
In ambito penale, la perizia psicologica è ammessa per esempio in casi di sospetto abuso su minore, stalking, autopsia psicologica, per la valutazione dell’imputabilità, della competenza di stare in giudizio, o della pericolosità sociale.
In ambito civile la valutazione psicologica è richiesta spesso in casi di conflittualità coniugale con figli a carico, danno psichico o esistenziale, mobbing, capacità di succedere o di testare, e altro ancora (Ciappi 2014).
In ambito ecclesiastico può invece essere richiesta una consulenza ai fini dell’annullamento di un matrimonio.
Il professionista durante la consulenza si avvale di strumenti come il colloquio ed i test psicologici, servendosi solamente di quelli con comprovata validità ed attendibilità (come il Test di Rorshach o l’MMPI), e unicamente quelli necessari a rispondere ai quesiti, onde incorrere in contestazioni da parte dei CTP. Ogni scelta fatta dal CTU deve poter essere giustificata, sopratutto in ambito penale dove in alcuni casi la perizia è irripetibile (ad esempio se vengono fatte domande suggestive nei casi di abuso su minore). In poche parole, non c’è margine di errore.
A questo punto risulta scontato, ma allo stesso tempo importante, specificare la grande differenza tra la pratica clinica e la pratica dello psicologo giuridico-forense: nel primo caso il destinatario dell’intervento vi si sottopone in modo volontario, mentre nel secondo è molto comune incontrare resistenze o tensioni. Allo stesso modo, lo psicologo non ha pieno potere decisionale e deve rendere conto del suo operato a terzi.
Si pensi ad un caso in cui è richiesta la valutazione della capacità genitoriale: da un lato molti probabilmente preferirebbero non sottoporsi a test di personalità o mantenere privati insuccessi passati in grado di compromettere il presente. Dall’altro lato però, la non collaborazione verrebbe messa agli atti, fornendo ugualmente informazioni che non sarebbero viste di buon occhio dal giudice. Spesso inoltre, i colloqui devono essere registrati, trascritti e messi agli atti (sempre in caso di minori), aspetto che sarebbe impensabile in clinica per motivi di privacy.
Quindi rispetto alla pratica clinica i colloqui si svolgeranno in modo differente, perché diversi sono il setting e la motivazione.
In ogni caso, lo psicologo forense ha sempre bene a mente due considerazioni: in nessun caso si possono fare indagini o trarre conclusioni su aspetti al di fuori dei quesiti richiesti dal giudice; e in ogni caso bisogna comportarsi in modo conforme al Codice Deontologico cui ogni psicologo si attiene.
Dott.ssa Elena Dall’Olio
Bibliografia
Art. 63 c.p.c. Obbligo di assumere l’incarico e ricusazione del consulente
Art. 61 c.p.c. Consulente tecnico
Ciappi S., Pezzuolo S. (2014), Psicologia Giuridica. La teoria, le tecniche, la valutazione, Hogrefe Editore, Firenze.
Ferracuti S., (2008), I test mentali in psicologia giuridica e forense, Torino, Centro Scientifico.
Giusberti F., Bensi L., Nori R. (2013), Oltre ogni ragionevole dubbio. Decidere in tribunale, Roma, Laterza.
Gulotta G. (1987), Psicologia e processo: lineamenti generali. In Gulotta G. (a cura di), “Trattato di psicologia giudiziaria nel sistema penale”, Giuffré, Milano.
La Carta di Noto: Convegno di Psicologia Giuridica “Abuso sessuale di minore e processo penale: ruoli e responsabilità”, Noto 7 – 9 giugno 1996; aggiornamenti alla Carta di Noto: Noto 4 – 7 luglio 2002. Pubblicata in L. de Cataldo (a cura) “Abuso sessuale di minore e processo penale: ruoli e responsabilità”, CEDAM, Padova, 1997.
Linee Guida Deontologiche dello Psicologo Forense: in E. Calvi e G. Gulotta “Il Codice Deontologico degli Psicologi”, Giuffrè, Milano, 1999.
Sitografia
AIPG: http://web.tiscali.it/aipgitalia/pagpsicogiuridica1.htm
CNOP: www.psy.it