PROCRASTINARE ARE ARE ARE: un eco vizioso.

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Abbiamo chiesto ad alcune persone di descriverci cosa significhi per loro l’esperienza della procrastinazione, anche tramite degli esempi: quanto emerso dai loro contributi ci offre diversi spunti di riflessione…

Il presupposto da cui partire è che nella procrastinazione non viene pianificata l’idea di dover posticipare l’azione, ma viene posticipata la pianificazione dell’attività stessa. Vi è un atto di sostituzione di attività prioritarie con attività piacevoli o meno urgenti.

Chiaramente parliamo di un processo complesso e insidioso che coinvolge più aree, in particolare processi cognitivi (percezioni, pensieri…), la sfera emotiva (sensazioni ed emozioni), nonché una componente comportamentale (azioni di evitamento volte al differire l’esecuzione dell’oggetto che finirà con l’essere procrastinato). Si è soliti associare la procrastinazione alla pigrizia, in realtà questa rappresenta qualcosa di più e non possono considerarsi aspetti sovrapponibili.

In genere, questo tipo di comportamento nasconde una persona che, se potesse, adempirebbe ai propri doveri. La difficoltà nasce dalla convinzione che il compito da svolgere sia oltremodo difficile o almeno spiacevole a causa delle emozioni che suscita, vale a dire ansia, paura o frustrazione. Rimandare diventa così un modo per gestire questo tipo di emozioni, e può essere considerato una misura di auto-protezione (efficace nel breve termine, ma una trappola nel tempo).

Ma chi, nella propria vita, può affermare di non aver mai rimandato una attività o decisione? Magari per via di una scorretta gestione del tempo, oppure perché posti di fronte a una scelta importante, faticosa, difficile, rischiosa, fonte di novità e nuovi inizi!

Ricordi quella volta che dovevi iscriverti in palestra perché eri convintə di rimetterti in forma? Eppure quell’abbonamento annuale non si è attivato; ricordi quella volta in cui hai dichiarato che sarebbe stata l’ultima pasta al forno prima di iniziare la dieta? O quella volta in cui dovevi sostenere l’esame, accettare un nuovo incarico, iniziare a scegliere l’università o chiedere di uscire a quellə ragazzə?

Quali aspetti si celano dietro il procrastinare scelte su scelte, da quelle più semplici e quotidiane fino ad arrivare a quelle che implicano vere e proprie fasi di transizione?

Una definizione potrebbe rappresentare il punto di partenza per illustrare un fenomeno tanto noto, eppure non sarebbe sufficiente per esprimere le molteplici modalità a causa delle quali non è stato compiuto quel passo che ci permetterebbe di prendere il via!

La procrastinazione necessita di essere osservata secondo un’ottica bio-psico-sociale. Un’attenta analisi clinica risulta fondamentale affinché sia possibile valutare l’entità delle diverse situazioni e il relativo livello di compromissione. Difatti, chiunque potrebbe compiere un atto di procrastinazione in certe occasioni, ma un comportamento abituale di questo tipo rappresenterebbe un fattore di rischio nel momento in cui l’individuo posticipi azioni o decisioni in modo inadeguato al contesto, rischiando conseguenze negative [1]. Alcuni studiosi ritengono che esista una procrastinazione di tratto, che consiste in una ricorrente e stabile propensione nel tempo ad attuare comportamenti dilatatori per la maggior parte degli impegni di vita [2]; per altre persone, invece, la procrastinazione sarebbe occasionale e circoscrivibile a specifiche situazioni. Nonostante si confermi il legame tra procrastinazione ed alcuni tratti di personalità, attualmente permane la necessità di compiere maggiori approfondimenti circa la possibilità di considerare la procrastinazione come un tratto di personalità [3].

E se il “piacere” del procrastinare fosse esso stesso il procrastinare?

Nelle persone in cui la procrastinazione risulterebbe essere particolarmente rigida, ripetuta, costante, disadattiva e abituale, il sollievo derivante da tale processo fungerebbe da rinforzo proprio per incentivare la tendenza a rimandare, aumentando la probabilità che si ripeta lo stesso comportamento in futuro [4]. Il procrastinatore non riesce a pensarsi “adeguatamente nel futuro”. Si preferisce un sollievo istantaneo a discapito di gratificazioni successive più consistenti derivanti dalla realizzazione del proprio operato; tuttavia, le conseguenze della procrastinazione non si “pagano” nell’immediato, prima o poi vi sarà un “conto da saldare” con tanto di “interessi” (solo per citarne alcuni: senso di colpa, nostalgia, rimpianto, opportunità perse).

La letteratura scientifica indica come vi siano diversi tipi di procrastinazione e innumerevoli motivi che potrebbero spiegarne l’origine. Questo tipo di comportamento può essere sano (può capitare di rinviare una scelta, a seguito di un attento decision making, e in alcuni casi può essere addirittura una saggia decisione), ma può anche essere indice di insorgenza di diverse forme di psicopatologia o utile al loro mantenimento (disturbi d’ansia, depressivi, disturbo ossessivo compulsivo, disturbi di personalità narcisistica, borderline o antisociale)[3].

I differenti profili del procrastinatore

Compiendo una revisione della letteratura, si nota come negli anni siano state delineate diverse forme di procrastinazione. I contributi di Ramirez-Basco (2010) [5] individuano almeno sei tipologie di procrastinatore:

  1. procrastinatore evitante: il soggetto evita continuamente e in modo puntuale ogni tipo di situazione vissuta come difficoltosa per gestire lo stress e il disagio che sperimenterebbe all’idea di affrontarla;
  2. procrastinatore disorganizzato: vi è una difficoltà nello stabilire una gerarchia di priorità in merito alle attività da svolgere. Ciò intacca una corretta gestione del tempo poiché si tende a sopravvalutare il tempo a disposizione, sottovalutando la quantità di tempo necessaria per svolgere il compito;
  3. procrastinatore insicuro: si rimanda lo svolgimento di un’attività per evitare un temuto fallimento. Si indugia molto prima di compiere l’azione poiché si ha scarsa fiducia nelle proprie capacità;
  4. procrastinazione passivo-aggressivo: si utilizza la procrastinazione come mezzo relazionale oppositivo per comunicare il proprio disagio nel non voler eseguire un compito sgradito che è stato assegnato;
  5. procrastinatore perfezionista: vi è una visione tutto-o-nulla. Il soggetto assume più impegni di quanti ne riesca a gestire e, di fronte all’impossibilità di eseguire tutto in modo puntuale, abbandona l’esecuzione del compito stesso, la ritarda o esaurisce tutte le proprie energie per farvi fronte in quanto si protende sempre al raggiungimento dello standard massimo;
  6. procrastinatore edonista: soggetto scarsamente motivato nell’esecuzione di compiti e concentrato sulla ricerca del proprio piacere.

Perché si diventa parte di un circolo vizioso?

Alcuni aspetti comunemente noti nei soggetti procrastinatori…

  • Sensation-seeking

I procrastinatori sono soggetti a facile noia e ricercano forti emozioni. Sono persone che potrebbero procrastinare intenzionalmente l’esecuzione di un’attività con l’intento di sperimentare la tensione derivante dalla vicina scadenza del compito. L’esecuzione del compito in forma “last minute” genera una sensazione di piacevolezza derivante dall’aver eseguito il compito in tempo, tanto che questo comportamento potrebbe trasformarsi in ritardi sempre maggiori non appena il soggetto comprende di esser riuscito ugualmente a padroneggiare il rischio all’ultimo momento.

  • Perfezionismo e paura del fallimento

Gioca un ruolo fondamentale il timore di essere giudicati negativamente laddove un lavoro non venga svolto in modo “perfetto”. I procrastinatori in cui prevale questo aspetto non riescono davvero a svolgere o portare a termine il compito prefissato poiché eccessivamente focalizzati sull’esecuzione della prestazione, con l’intento di raggiungere gli standard immaginati. In tal senso, anche la vergogna risulta ampiamente correlata alla tendenza di procrastinare poiché ampiamente concentrati sul come gli altri giudicheranno l’operato svolto. Spesso i procrastinatori hanno elevate aspettative irrealistiche su se stessi e sulle loro potenzialità e il timore di compiere errori e la paura di non lavorare mai all’altezza dello standard, impediscono lo svolgimento del compito.

  • Impulsività

Le persone che hanno un alto livello di impulsività risultano più avvezze alla procrastinazione. Solitamente le persone impulsive hanno difficoltà nel mantenere un auto-controllo e nel posticipare la gratificazione, manifestando difficoltà nel sopportare una “sofferenza” immediata in previsione del raggiungimento di un obiettivo più grande, dai benefici migliori. A fronte di un’ansia suscitata dalla scadenza del compito, questi soggetti reagiscono procrastinando. L’atto di procrastinare è di per sé agito impulsivamente, ignorando le conseguenze a lungo termine che ne deriva. Sostanzialmente vi è una tendenza a rimandare un compito con una ricompensa a lungo termine perché impulsivamente distratti da una tentazione nel breve termine. L’attenzione selettiva e sostenuta rappresentano aspetti centrali nel buon controllo di sé e nella capacità di impegnarsi in tempi prolungati e portare a termine un compito. La distrazione consente di ottenere soddisfazione immediata evitando il disagio connesso con l’attivazione emotiva.

  • Mancanza di motivazione

In genere, le persone guidate da una motivazione esterna nell’esecuzione di un’attività (finalizzata al raggiungimento di una ricompensa o al sottrarsi da conseguenze spiacevoli) tendono a una maggior procrastinazione rispetto a coloro che sono motivati da una fonte interna e autonoma.

  • Autoefficacia e autostima

L’autoefficacia implica avere convinzione nelle proprie capacità di organizzare e realizzare le azioni necessarie a gestire adeguatamente le situazioni che si incontrano, così da raggiungere i risultati prefissati. È un processo cognitivo centrale nel favorire l’autoregolazione del comportamento, poiché influisce sulla pianificazione delle intenzioni e sulla tenacia di fronte agli ostacoli [6]. Credenze di forte efficacia promuovono l’avvio e la persistenza di un comportamento. I procrastinatori, invece, hanno la convinzione che le loro azioni non produrranno alcun cambiamento e quindi, più che sul compito da svolgere, si focalizzano sulla gestione delle proprie emozioni negative, derivanti dal senso di bassa auto-efficacia e conseguente bassa autostima.

In alcuni casi si riscontra il fenomeno del self-handicapping, forma di autoregolazione disfunzionale che prevede il porsi degli ostacoli che compromettano una buona performance. In questa ottica, la procrastinazione rappresenta una strategia di auto-sabotaggio: di fronte all’insuccesso, il procrastinatore attribuirà una colpa a cause esterne, deresponsabilizzandosi, piuttosto che ad un proprio fallimento, preservando la propria autostima.

  • Aspetti interpersonali

La persona che procrastina spesso non riesce a esprimersi in modo assertivo, lasciando prevalere modalità passivo-aggressive nel tentativo di affermare la propria autonomia. Tale modalità potrebbe camuffare delle reazioni di rabbia che vengono espresse in forma passiva con la finalità di non eseguire il compito, “aggredendo” indirettamente la persona che ha posto la richiesta sgradita. La procrastinazione potrebbe essere usata anche in modo manipolatorio per controllare il comportamento altrui: rinviando lo svolgimento dell’attività, il soggetto potrebbe indurre nell’altro l’obbligo di doversene occupare al posto suo. In altri casi, il procrastinatore potrebbe e vorrebbe “implicitamente” costringere gli altri a “dover partecipare” e collaborare all’esecuzione del compito in modo da non sperimentare la solitudine che alcuni potrebbero sperimentare nel dover condurre individualmente un compito [7].

  • Credenze cognitive disfunzionali

Il senso di inadeguatezza e la percezione che il mondo sia troppo complicato da affrontare, portano il soggetto a dubitare delle proprie capacità e, di conseguenza, minano l’autostima e la motivazione, favorendo la procrastinazione. I pensieri automatici negativi che maggiormente accompagnano l’esperienza del temporeggiare sono, per esempio: “non ce la farò mai!”; “farò un disastro!”; “sono scarso!”; “sono troppo stanco!” ecc.

  • Gestione del tempo

I procrastinatori hanno spesso la sensazione di vivere una lotta contro il tempo. In primis vi è una visione irrealistica del tempo: tendono a sottostimare il tempo necessario per lo svolgimento di un compito, ma al tempo stesso non riescono a sfruttare in modo produttivo il tempo a disposizione. Così, può capitare che il procrastinatore si sovraccarichi di impegni da svolgere, pensando di avere tempo in abbondanza, senza però riuscire a gestirli. In alternativa, può esservi un’alternanza tra momenti di blocco e momenti di lavoro intenso, intrattenendosi per lo più in attività diversive [7].

  • Aspetti neurobiologici e genetici

Lo studio condotto da Gustavson et al. (2015) [8] su 380 coppie di gemelli (50% omozigoti e 50% eterozigoti) conferma il contributo del fattore genetico nella tendenza a procrastinare. Alcune evidenze neurobiologiche, inoltre, rivelano che i soggetti procrastinatori mostrano prestazioni inferiori nelle funzioni esecutive, abilità cognitiva fondamentale nella gestione delle risposte inibitorie, nell’autocontrollo, nella pianificazione e organizzazione degli obiettivi.

Consapevolezza e procrastinazione

In linea con gli studi sugli effetti della procrastinazione, risulterebbe utile intervenire per la salvaguardia del benessere psicofisico a 360°. Infatti, sebbene l’azione del procrastinare diminuisca il livello di stress nella fase inziale, ne comporta un aumento nella fase finale [9]. La spirale che si crea e che travolge l’individuo potrebbe aggravare una psicopatologia già presente o facilitarne lo sviluppo. La cronicizzazione di questa modalità potrebbe anche alimentare una serie di problemi fisici e organici in quanto molti tendono a procrastinare visite mediche e controlli periodici. In ottica di promozione della salute, potrebbe risultare importante un percorso di sensibilizzazione e intervento psicoterapeutico che favorisca una presa di coscienza a fronte di un fenomeno spesso sottovalutato.

Valentina Centanni

Sara Brandi

Bibliografia

[1] Van Eerde W (2003). A meta-analytically derived nomological network of procrastination. Personality and Individual Differences 35, 1401-1418.

[2] Blunt A (1998). Task aversiveness and procrastination: a multi dimensional approach to task-aversiveness across stages of personal projects. Master Thesis, Department of Psychology Blunton University,Canada.

[3] Steel P (2007). The nature of procrastination: A meta-analytic and theoretical review of quintessential selfregulatory failure. Psychological Bulletin 133, 65-94.

[4] Knaus WJ (2010). End procrastination Now! Get it done with a proven psychological approach. Mc Graw-Hill, New York.

[5] Ramirez Basco M. (2010). The Procrastinator’s Guide to Getting Things Done. The Guilford Press, New York. Tr. it. (2011) Prima o poi lo faccio! Come modificare la cattiva abitudine di rimandare sempre. Eclipsi, Firenze.

[6] Bandura A (1977). Self-efficacy: Toward a unifying theory of behavioral change. Psychological Review 84,2, 191-215.

[7] Giusti E. (2013) Rinviare mai più!!! Terapia della procrastinazione. Sovera, Roma

[8] Gustavson D, Miyake A, Hewitt J, Friedman N (2015). Understanding the Cognitive and Genetic Underpinnings of Procrastination: Evidence for Shared Genetic Influences With Goal Management and Executive Function Abilities. Journal of Experimental Psychology 144, 6, 1063-1079.

[9] Tice DM, Baumeister RF (1997). Longitudinal Study of Procrastination, Performance, Stress and, Health: The Costs and Benefits of Dawdling. Psychological Science 8, 454-458.

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