Come anticipato in un articolo pubblicato precedentemente, “Psicologo, Psichiatra, Psicoterapeuta, Psicoanalista. Facciamo chiarezza!”, uno dei compiti dello psicologo è la prevenzione, volta a sensibilizzare, educare ed anticipare possibili condotte a rischio, consentendo così di agire ancor prima che si instaurino nella persona o in un gruppo comportamenti o abitudini dannose per gli stessi. La prevenzione è strettamente connessa con la promozione della salute che come sappiamo compete anch’essa allo psicologo. Come previsto dall’articolo 3 del Codice Deontologico degli Psicologi Italiani:
[lo psicologo] “considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità.”
La prevenzione, inoltre, rappresenta una componente imprescindibile di ogni sistema sanitario e, insieme alla diagnosi e alla terapia, contribuisce a renderlo efficace. Parlando di prevenzione, possono venirci in mente molti esempi: prevenire lo sviluppo di una malattia organica, prevenire il rischio di un contagio o, ancora, prevenire lo sviluppo di una dipendenza da sostanze nei più giovani. La prevenzione psicologica può assumere un ruolo prioritario in tutti questi casi, collocandosi fra l’educazione, l’assistenza sanitaria e la comunità.
Prima ancora di approfondire come lo psicologo intervenga nella prevenzione e nella promozione della salute, occorre capire bene: cosa si intende per “salute”?
Che cos’è la salute?
Nel tempo il concetto di salute è cambiato, oggi viene definita come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale” (OMS: Organizzazione Mondiale della Sanità, 1986) e non più come “assenza di malattia”. Questa nuova definizione nasce dalla teorizzazione del Modello Biopsicosociale di Engel (1977) che ritiene fondamentale considerare l’interazione di aspetti fisici, psicologici e sociali per valutare lo stato di salute di una persona. Di conseguenza, anche la promozione della salute ha assunto un nuovo significato – è stata infatti definita dall’OMS come:
“il processo che mette in grado le persone di aumentare il controllo sulla propria salute e di migliorarla. Per conseguire uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale l’individuo, o il gruppo, deve poter individuare e realizzare le proprie aspirazioni, soddisfare i propri bisogni e modificare l’ambiente o adattarvisi”.
(OMS, 1986)
Secondo questa nuova definizione, la promozione della salute non è più una responsabilità esclusiva del sistema sanitario ma “un obiettivo di vita” (1986) che punta sulle risorse sociali e personali, affinché ciascun individuo disponga dei mezzi più adeguati con i quali può esercitare un maggior controllo sul proprio benessere (Mercatili & Del Vais, 2017). Per raggiungere il proprio potenziale di salute (2017) una persona deve conoscere tutti i fattori che concorrono a determinare il proprio stato di salute.
Quali sono i fattori che promuovono o danneggiano lo stato di salute?
Il modello in figura proposto da Dahlgren e Whitehead (1991) mostra come lo stato di salute di un individuo dipenda da cinque fattori che operano come determinanti della salute; questi sono disposti in una serie di cerchi concentrici, ciascuno con un diverso grado di influenza, a partire da elementi quali età, genere e fattori ereditari che hanno maggior peso nel determinare lo stato di salute e che corrispondono ai fattori non modificabili.
Seguono poi i fattori modificabili: primi fra tutti gli stili di vita, ossia i comportamenti e le abitudini individuali che hanno a che fare con le scelte consapevoli. Successivamente troviamo le influenze sociali e di comunità, le condizioni di vita e di lavoro e le condizioni socioeconomiche, culturali e ambientali ovvero quei fattori che rientrano nella sfera sociale e che, sebbene dipendano solo in parte da scelte individuali, esercitano comunque una pressione considerevole sull’acquisizione di condotte dannose per il proprio stato di salute.
Quindi, sia gli stili di vita sia gli aspetti sociali ed economici sono fattori sui quali è possibile agire; appare evidente, tuttavia, che lavorare direttamente sui fattori socio-economici è piuttosto difficile, mentre sembra una strada più percorribile quella che passa per la correzione degli stili di vita. Inoltre, sono proprio gli stili di vita ad avere un peso maggiore per il raggiungimento di un buono stato di salute. Deduciamo quindi che interventi di promozione della salute debbano mirare a modificare proprio questi ultimi. Il primo passo consiste nell’analisi degli atteggiamenti e delle credenze che gli individui hanno rispetto alla salute, i quali stanno alla base delle scelte che ciascuno fa per la propria salute.
FACCIAMO IL PUNTO
- La salute non può prescindere da aspetti psicologici e sociali che concorrono a garantire il benessere della persona;
- la prevenzione è una componente fondamentale di un sistema sanitario e contribuisce a renderlo un sistema efficace;
- i comportamenti e le abitudini individuali svolgono un ruolo notevole nel determinare il proprio stato di salute.
Perché, quindi, è utile parlare di prevenzione e in particolare di prevenzione psicologica?
Un primo valido esempio è stato evidenziato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha avviato nel 2008 un Piano d’Azione basato sul controllo e sulla prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili, quali cardiopatie, ictus, tumori, diabete e malattie croniche respiratorie che, secondo gli ultimi rapporti, costituiscono la principale causa di morte nel mondo (OMS, 2018). Queste dipendono per il 50% dalla messa in atto di comportamenti e abitudini non salutari (Department of Health and Human Services, 2000) che possono essere modificati attraverso interventi mirati di prevenzione e di promozione della salute.
Un altro motivo per cui è importante parlare di prevenzione è strettamente economico. Sappiamo, infatti, che la cura di queste malattie può essere molto onerosa per la spesa pubblica, tanto da aver richiesto ai paesi europei nel 2007 tra il 70 e l’80% delle risorse per la sanità (Perra, De Mei, Cattaneo, & Salmaso, 2012). Mentre la cura rappresenta un costo per il sistema sanitario, la prevenzione aiuta invece ad evitarlo.
Infine, negli ultimi anni, gli interventi di prevenzione psicologica utilizzati in ambito sanitario hanno dato prova di grande efficacia, consentendogli un ruolo di rilievo nella promozione della salute.
E allora, quali sono gli interventi di prevenzione psicologica che possono essere messi in atto per promuovere la nostra salute?
Gli psicologi realizzano diverse tipologie di interventi:
- Sviluppo di stili di vita salutari e di competenze che aiutano ad affrontare situazioni stressanti;
- Interventi psicoeducativi nella scuola o nei contesti lavorativi, i quali consistono nell’esposizione interattiva di informazioni utili ai partecipanti per affrontare un determinato argomento di nautra psicologica;
- Interventi di prevenzione del benessere psicofisico per tutto l’arco della vita;
- Programmi di “empowerment” ovvero di accrescimento delle proprie potenzialità, in questo caso mirati a favorire un maggior controllo sulla propria salute ed a potenziare la propria qualità di vita;
- Trattamenti individuali o di gruppo finalizzati alla correzione di condotte rischiose o alla gestione di condizioni di malattie croniche.
La psicologia della prevenzione agisce quindi principalmente sulle risorse personali e sociali che guidano le scelte e le strategie di prevenzione. Pensiamo per esempio alle modalità che una persona può mettere in atto per ridurre l’impatto procurato dallo stress lavorativo quotidiano: esse dipenderanno dalla consapevolezza dell’individuo rispetto alla propria condizione di stress, dalle conoscenze che possiede circa le possibili conseguenze negative dello stress e dalle strategie che sceglie (o non sceglie) di mettere in atto per limitarne gli effetti. A tal proposito è bene ricordare che la percezione soggettiva dello stress incide sullo stato di salute più che l’evento stressante in sé (Lazarus & Folkman, 1984).
Per questo, agire sugli aspetti psicologici individuali e di gruppo, piuttosto che sull’evento esterno sul quale spesso non si può avere controllo – come appunto lo stress lavorativo -, può avere un grande effetto al fine di migliorare lo stato di salute della persona.
La promozione della salute in Italia: esistono programmi nazionali di prevenzione?
La risposta è sì. Il Ministero della Salute ha promosso una serie di interventi che puntano al miglioramento della qualità di vita dei cittadini. Nel 2007 è stato approvato dal Governo il programma “Guadagnare salute. Rendere facili le scelte salutari” con l’obiettivo di semplificare le scelte di salute attraverso la promozione di campagne informative rispetto al ruolo che i comportamenti inadeguati hanno sulo sviluppo delle malattie croniche non trasmissibili (Ministero della Salute, 2007). Come già detto, queste malattie hanno un’eziologia multifattoriale, ovvero più fattori contribuiscono a svilupparle: da una parte i fattori di rischio non modificabili (come l’età, il sesso e i fattori ereditari) dall’altra i modificabili (abitudini salutari e corretti stili di vita). Fra questi ultimi, il Ministero della Salute ne ha individuati 4 che concorrerebbero maggiormente allo sviluppo di malattie croniche, ossia: il fumo, l’alcol, un’alimentazione non corretta e l’inattività fisica.
Oltre all’informazione, il Governo ha predisposto specifiche risorse per sostenere progetti mirati ad un cambiamento nella messa in atto di stili di vita salutari. La realizzazione efficace del programma promosso dal Ministero della Salute dipende dalla sinergia fra lo Stato, le Regioni e gli enti locali che sono i principali stakeholder di questo progetto e lavorano per realizzarlo nei vari territori.
Beatrice Moretti
Bibliografia:
A general framework for the determinants of health. (From G. Dahlgren & M. Whitehead, 1991, quoted in M. Whitehead (1995) in M. Benzenal, K. Judge, & M. Whitehead (Eds.), Tackling health inequalities: An agenda for action, p. 23. Copyright 1995 by King’s Fund. Reprinted with permission.)
Carta di Ottawa per la promozione della salute. (1986). Prima Conferenza Internazionale sulla Promozione della Salute; Ottawa, Canada, 7-21. Disponibile in italiano sul sito https://www.dors.it/documentazione/testo/201509/Ottawa_1986_ita.pdf
Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi. (1998). Codice Deontologico degli Psicologi.
Dahlgren, G., & Whitehead, M. (1991). Policies and strategies to promote social equity in health. Stockholm: Institute for future studies, 27(1), 4-41.
Department of Health, Human Services, Washington, DC., & Healthy People 2010 (Group). (2000). Healthy people 2010: Understanding and improving health. US Department of Health and Human Services.
Engel, G. L. (1977). The need for a new medical model: a challenge for biomedicine. Science, 196(4286), 129-136.
Lazarus, E., & Folkman, S. (1984). Stress, appraisal, and coping. Springer Publishing Company
Mercatili, M.G., & Del Vais, G. (2017). Guadagnare Salute… con Mamma e Papà. Buone pratiche per i genitori. Sani Stili di Vita (vol.1). Stampa a cura dell’ASUR Marche AV5.
Ministero della Salute. (2007). Disponibile dal sito http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_605_allegato.pdf
Organizzazione Mondiale della Sanità. (2018). NCD mortality and morbidity. Disponibile dal sito https://www.who.int/gho/ncd/mortality_morbidity/en/
Perra, A., De Mei, B., Cattaneo, C., Salmaso, S. (2012). Le malattie croniche non trasmissibili (MCNT): la sfida del secolo, anche per il nostro Paese. Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma. Disponibile dal sito https://www.epicentro.iss.it/ben/2012/marzo/2