La “Peer Education” come metodologia per promuovere salute negli adolescenti: il caso specifico di un progetto nelle scuole secondarie di I e II grado

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Come abbiamo visto nell’articolo “Prevenzione psicologica e promozione della salute” sono diversi gli interventi di prevenzione che lo psicologo può mettere in atto per promuovere la salute e il benessere psicologico della persona, del gruppo e della comunità. Sempre in questo articolo abbiamo citato il progetto nazionale “Guadagnare salute. Rendere facili le scelte salutari” promosso dal Ministero della Salute con l’obiettivo di semplificare le scelte di salute informando i cittadini sul ruolo determinante che alcuni comportamenti inadeguati svolgono nello sviluppo delle malattie croniche non trasmissibili – tumori, cardiopatie, ictus, diabete e malattie croniche respiratorie – oggi la principale causa di morte al mondo (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2018).

Il Ministero della Salute ha individuato 4 fattori di rischio che più di tutti concorrono allo sviluppo di queste patologie, ovvero: il fumo, l’alcol, un’alimentazione non corretta e l’inattività fisica.

Si tratta di fattori comportamentali, quindi abitudini, talvolta note anche come “vizi”, che possono essere modificati, a differenza dei fattori genetici o ereditari. Se ci riferiamo agli adulti è assai probabile che un’abitudine instauratasi da tempo sarà più difficile da estinguere – come la dipendenza dal tabacco -, ma nel caso dei più giovani, alcuni comportamenti a rischio possono essere del tutto evitati: una buona educazione ai sani stili di vita può quindi far emergere già nel bambino abitudini salutari. Ed è proprio da questo presupposto che è nato il progetto che sto per presentare. Vediamolo!

Un caso specifico di promozione della salute: “La Peer Education a scuola: strumenti e materiali per la promozione di sani stili di vita

Il Servizio di Prevenzione e Promozione della Salute dell’Area Vasta 5 di Ascoli Piceno, in collaborazione con la Regione Marche e la sede LILT (Lega Italiana Lotta Tumori) di Ascoli Piceno, promuove da anni iniziative sul proprio territorio che mirano a potenziare le capacità di compiere scelte di salute consapevoli. Alcune di queste iniziative si compiono a scuola, in quanto si ritiene sia proprio questo il punto di partenza per lo sviluppo di decisioni funzionali al proprio benessere.

Uno di questi progetti utilizza la metodologia della peer education (o educazione fra pari). La peer education è una metodologia validata che può essere utilizzata in qualsiasi contesto ed è stata definita come:

“un metodo educativo in base al quale alcuni membri di un gruppo vengono responsabilizzati, formati e reinseriti nel proprio gruppo d’appartenenza per realizzare precise attività con i propri coetanei”

(Boda, 2001, p.63)

In questo progetto, tale metodologia viene utilizzata per affrontare tematiche di salute quali l’uso del tabacco e dell’alcol, in linea con il progetto nazionale di prevenzione sopracitato e, data la rilevanza che la sessualità riveste in questo periodo di sviluppo, si fa riferimento anche alle malattie sessualmente trasmissibili e alla contraccezione.

Le principali finalità del progetto sono: rendere i giovani consapevoli dei rischi legati a condotte errate, incrementando il loro senso di responsabilità e sviluppando un’autonomia di pensiero.

Perché l’adolescenza?

L’adolescenza rappresenta un momento critico: è il periodo in cui compare la tendenza a sperimentare i primi comportamenti a rischio, per questo il tema della prevenzione è più che mai importante al fine di evitare il consolidarsi di abitudini dannose. La motivazione che si cela dietro alla messa in atto di questi comportamenti coincide con l’obiettivo di conquistare una nuova identità che permetta al ragazzo di allontanarsi dal bambino che era (e che per certi versi è ancora) per avvicinarsi invece al mondo adulto. Attraverso i comportamenti a rischio un adolescente si mette alla prova, supera alcune restrizioni, quindi prende le distanze dai propri genitori per avvicinarsi invece al gruppo di pari. Questo è un processo del tutto normale, giustificato dai bisogni e dalle necessità che tale periodo richiede. Il problema risiede, invece, nella disinformazione da parte degli adolescenti circa le conseguenze cui vanno incontro mettendo in atto alcuni comportamenti.

Oltre a rappresentare un periodo critico, l’adolescenza figura anche come il momento più adatto per sensibilizzare i ragazzi alla nocività di alcuni comportamenti, grazie anche ad una maggiore recettività e sensibilità tipiche di questo periodo dello sviluppo (Mercatili & Luciani, 2016).

L’adolescente rivolge un’attenzione specifica verso il gruppo di pari, il quale diventa un riferimento primario, mentre decresce la considerazione per il mondo adulto e in particolare per il modello genitoriale. È all’interno del gruppo che l’adolescente inizia un processo di differenziazione in cui può sperimentare vari modi di essere – “Chi sono io?”, “Che ruolo ho in questa società?” – e si confronta con gli altri per ricevere conferme rispetto ai propri dubbi: per questo diventa indispensabile, quasi vitale, ricevere approvazione dai coetanei. Il gruppo è in grado di sostenere e rispecchiare l’immagine che il ragazzo vuole dare di sé, contribuendo così alla definizione della sua identità. Il gruppo è anche un luogo in cui potersi sentire al sicuro, perciò è estremamente sentito il senso di appartenenza oltre al bisogno di sentirsi accettati dai coetanei.

All’interno di questo contesto, qualsiasi tipo di educazione rivolta agli adolescenti risulterà più efficace se coinvolgerà un gruppo di pari.

L’educazione fra pari ha il vantaggio di ridurre le differenze fra i soggetti coinvolti grazie all’utilizzo di modalità relazionali dirette e di un linguaggio comune, in questo modo si stabilisce una comunicazione bidirezionale in cui tutti hanno libero accesso alle informazioni: ben diverso dalla comunicazione unidirezionale in cui è l’esperto a “detenere il sapere”. Inoltre nel tempo sono state abbandonate quelle strategie educative che utilizzavano una modalità passiva e talvolta allarmistica per rendere noti i rischi che si incorrono attraverso la messa in atto di alcuni comportamenti, a favore invece di interventi che mirano allo sviluppo delle capacità operative e delle abilità personali del giovane che diventa “soggetto d’esperienza” (Mercatili & Luciani, 2016). Tra i vari interventi che hanno permesso questo passaggio vi è anche la peer education (2016).

Come si è scelto di utilizzare la Peer Education in questo contesto?

L’intervento prevede la selezione di alcuni giovani di un gruppo di riferimento – in questo caso la classe scolastica – perché vengano formati da operatori specializzati su una o più tematiche di salute e sui comportamenti a rischio che si vogliono prevenire. Durante la formazione i ragazzi individuando insieme al loro formatore strategie e tecniche da utilizzare nell’incontro con i propri coetanei con l’obiettivo di fare emergere la propria capacità di ideare, sviluppare e produrre messaggi di promozione della salute (2016). I ragazzi fanno gruppo, approfondiscono le tematiche scelte e si confrontano tra di loro per individuare i canali più adatti per diffondere efficacemente le informazioni apprese e trasmetterle. L’ultima fase consiste nel reinserimento nel gruppo classe (nella particolarità di questo caso) nella cosiddetta fase di “reingresso”, in cui i Peer Educator hanno il compito di informare e formare a loro volta i propri coetanei. Questa è la fase in cui viene a crearsi una vera e propria situazione alla pari, dove la figura dell’esperto funge solo da supervisore e, solitamente, non rimane nella classe.

FASI OPERATIVE DEL PROGETTO (Mercatili & Luciani, 2016):
  1. Presentazione del progetto – definizione del gruppo di lavoro: il progetto viene presentato alle scuole che individuano le classi in cui effettuare la selezione dei Peer Educator e quelle in cui proporre il reingresso.
  2. Selezione dei Peer Educator: gli operatori (psicologi) dell’ASUR incontrano i ragazzi che intendono diventare Peer Educator e scelgono coloro che risultano più motivati, che hanno maggiori capacità comunicative e che possono rappresentare un modello per gli altri.
  3. Formazione dei Peer Educator: si susseguono più fasi:
    • gli operatori cercano di creare un clima accogliente nel gruppo dei Peer Educator utilizzando tecniche interattive (come circle time, brain storming, role-playing) al fine di far emergere opinioni, riflessioni e conoscenze.
    • Vengono trasmesse le informazioni sulle varie tematiche di salute.
    • I ragazzi progettano e realizzano le attività che proporranno nelle classi: (per esempio un quiz a squadre dove ad ogni risposta, corretta o sbagliata che sia, segue la spiegazione; oppure la presentazione di cartelloni o di locandine su un determinato argomento).
    • Viene simulato l’incontro con i coetanei.
  4. Reingresso nelle classi: i peer qui sono i veri protagonisti dell’esperienza.
  5. Valutazione: Per valutare l’efficacia di questi interventi, a ciascuna classe viene fatto compilare lo stesso questionario sia prima che dopo il reingresso: in questo modo viene valutato se l’intervento dei Peer educator abbia prodotto un incremento delle conoscenze negli studenti.
  6. Conclusione del progetto – evento finale: durante l’evento finale vengono presentati i dati conclusivi del progetto e i lavori più meritevoli realizzati dai ragazzi.

L’ASUR Marche Area vasta 5 ha effettuato il primo intervento di Peer Education presso le scuole secondarie di primo grado nell’anno scolastico 2005-2006, mentre sin dall’anno successivo l’ha sperimentato presso le scuole secondarie di secondo grado. Da allora, il progetto viene proposto annualmente nella maggior parte delle scuole del territorio.

Le analisi dei dati effettuate ogni anno sui questionari utilizzati nella fase di valutazione indicano come l’intervento dei peer educator favorisca un aumento delle conoscenze acquisite e dimostrano quindi l’efficacia di questa metodologia. Gli studenti si dimostrano generalmente soddisfatti dell’esperienza, dichiarando quanto per loro sia importante: acquisire informazioni generalmente “non scolastiche” e di cui gli adulti fanno fatica a parlare e, allo stesso tempo, poterle diffondere ai propri coetanei.

Sarebbe interessante indagare tramite una fase di follow up, se le informazioni apprese tramite questo intervento vengano mantenute nel tempo, quindi se gli adolescenti di oggi saranno effettivamente adulti in grado di fare scelte di salute consapevoli.

Beatrice Moretti

Bibliografia

Boda, G. (2001). Life skills e peer education: strategie per l’efficacia personale e collettiva. La Nuova Italia, Milano 2001.

Mercatili, M.G., & Luciani, D. (2016). Peer Education. Stampa a cura dell’ASUR Marche AV5. Vol 6. Istituti secondari di I e II grado.

Organizzazione Mondiale della Sanità. (2018). NCD mortality and morbidity. Disponibile dal sito https://www.who.int/gho/ncd/mortality_morbidity/en/

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