Il 15 luglio, l’UNESCO ha istituito la Giornata Mondiale per le competenze giovanili (World Youth Skills Day – WYSD) per rimarcare l’importanza strategica di fornire ai/alle giovani le competenze per l’occupazione, il lavoro e l’imprenditorialità e rendere evidente il ruolo cruciale di giovani competenti nell’ affrontare le sfide globali attuali e future [1]. Pertanto, sfruttiamo l’occasione per raccogliere alcuni pensieri che abbiamo scritto sui/sulle giovani e proviamo a capire un po’ meglio di cosa parliamo quando diciamo NEET.
L’attenzione di SinaPsyche per le giovani generazioni
Synapsiche ha a cuore il tema dei e delle giovani, anche grazie alla nostra serie di articoli Beata Gioventù. Il periodo giovanile è caratterizzato, come abbiamo raccontato QUI, da un’importante fase di adattamento al contesto sociale e di costruzione dell’Io e della propria identità. E anche il modo di percepire i/le giovani e di percepirsi giovani può cambiare nel corso del tempo. Si fanno tanti e diversi paragoni tra chi era giovane e chi giovane è oggi, confronti spesso caratterizzati da euristiche, da semplificazioni riassumibili nella locuzione “ai miei tempi”. Eppure, i tempi sono cambiati: oggi compiere una scelta, anche verso l’età adulta, è diventato più complesso a causa delle incertezze legate al mondo del lavoro, delle insicurezze economiche, dell’imprevedibilità di grandi sconvolgimenti come, ad esempio, una pandemia di coronavirus, inimmaginabile fino a febbraio 2020. Proprio per questo motivo abbiamo lanciato anche un nostro sondaggio per carpire un po’ di frasi, di impressioni e di idee sulla percezione dei e delle giovani.
E proprio di transizioni verso il lavoro abbiamo parlato in un articolo sull’occupabilità: è un aspetto individuale, di costruzione di competenze e conoscenze, di capitale psicologico e sociale da arricchire, tuttavia è anche un concetto di contesto, di opportunità, di formazione e di preparazione ad affrontare le fasi di passaggio dalla scuola/università al lavoro, ma anche da un lavoro a un altro lavoro. Un altro articolo, un po’ meno legato alle competenze, ma certamente relativo alle giovani generazioni è quello sui cosiddetti Hikikomori, giovani che “stanno in disparte” e che spesso vivono in ritiro sociale e abbandonano i percorsi scolastici.
Una categoria particolare: giovani NEET
NEET vuol dire letteralmente Not in Education, Employment and Training, espressione nata negli anni ‘90 in contesto anglosassone per riferirsi a giovani che non studiano, non lavorano e non sono in alcun tipo di percorso formativo. Una condizione di particolare svantaggio con basse probabilità di partecipare al mercato del lavoro.
L’età a cui si fa riferimento oggi è dai 15 ai 34 anni, anche per comprendere l’estensione dei tempi di transizione dall’istruzione al lavoro. Questo significa anche che nel fenomento NEET possono confluire una serie di situazioni individuali e contestuali molto differenziate: abbandono scolastico, difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro a causa del contesto socio-economico e delle crisi occupazionali, questioni di genere con l’assenza di servizi a supporto delle famiglie (con i lavori di cura ancora prevalentemente a carico delle donne), skill mismatch nel senso di competenze non adatte e/o non richieste dal mercato del lavoro.
Le ricerche a livello nazionale hanno definito quattro tipologie di NEET [2]:
- persone in cerca di occupazione;
- persone indisponibili a lavorare perché aventi impegni di lavoro di cura familiare o che non possono lavorare per gravi motivi di salute;
- persone disimpegnate che non cercano lavoro, non hanno alcun impedimento a lavorare, ma non cercano lavoro perché hanno una visione pessimistica delle condizioni occupazionali (sono cioè scoraggiati);
- persone in cerca di opportunità, sono quelle persone che hanno l’esigenza di formarsi.
Questa è una delle classificazioni che può essere adottata e che si interseca con le categorie legate al mercato del lavoro: formalmente è disoccupatə chi è attivamente alla ricerca di lavoro (ad esempio iscrittɜ ai Centri per l’Impiego o che hanno cercato lavoro almeno una volta negli ultimi 30 giorni), mentre sono consideratɜ inattivɜ anche studentesse e studenti delle scuole superiori. Pertanto, si possono considerare NEET lɜ giovani che hanno semmai terminato la scuola secondaria di secondo grado e che non sono inseriti in nessun percorso di formazione o in nessun canale di ricerca di lavoro.
Anche inquadrare lɜ giovani NEET è complesso e tale categorizzazione si inserisce in un grandissimo discorso legato fortemente all’altissimo tasso di disoccupazione e di inattività del mercato del lavoro in Italia, con una forte incidenza nelle regioni meridionali e sulle donne, soprattutto se madri [3]. Incrociare studi e statistiche può aiutare ad avere un’immagine nazionale della situazione e comprendere meglio la portata del fenomeno, nonché l’incidenza in determinate categorie o aree geografiche. Tuttavia, ciò potrebbe non essere sufficiente per ricercare soluzioni adeguate.
Immaginare soluzioni: società, famiglia, individuo
Il fenomeno complessivo dei/delle NEET è definibile in un determinato contesto di età e di non partecipazione a percorsi formativi o al mercato del lavoro. La complessità del fenomeno richiede altresì proposte diverse di riduzione degli ostacoli e di soluzioni [4], perché all’interno dellɜ giovani NEET rientrano tante categorie con esigenze diverse, con tantissima differenza anche territoriale.
Ad esempio, nel caso di madri con difficoltà a inserirsi o reinserirsi in un percorso professionale vanno immaginate soluzioni legate alle politiche per le famiglie e ai servizi per l’infanzia e, ancora di più, alla conciliazione di vita/lavoro (o wok life balance) fondamentale per trovare tempi e modi di equilibrio tra l’essere genitore e lavoratrice.
Nel caso, invece, di giovani che hanno abbandonato un percorso scolastico, si potrebbero immaginare percorsi formativi, anche informali, per costruire competenze e conoscenze adeguate al contesto lavorativo – che ovviamente cambia in base alla zona geografica. In altre parole, creare opportunità.
Tra i quattro gruppi sopraelencati, certamente il gruppo degli/delle scoraggiatɜ risulta probabilmente anche il più complesso da intercettare, per eventualmente favorirne una riattivazione. In questo caso è necessario che i servizi territoriali, i centri giovanili, le sedi delle agenzie del lavoro regionali, le scuole, le famiglie, siano capaci di creare spazi di accoglienza e di ascolto per costruire, innanzitutto, un percorso anche individualizzato di costruzione di competenze e, ancor prima, di creazione di fiducia.
In conclusione, non esistono pozioni magiche per risolvere un problema complesso. Bisognerebbe partire dalle statitische, dai numeri, dai dati per costruire politiche attive del lavoro, che siano tali davvero e che supportino lɜ giovani nelle fasi di transizione. Poi, c’è bisogno di soluzioni specifiche, in base ai territori o alle categorie specifiche, ma anche di pensare di poter creare spazi per le persone. Un lavoro complesso, formato da tanti livelli di intervento che si intrecciano, tanti nodi che potenzialmente creano opportunità.
Danilo Buonora
Sitografia e bibliografia
[1] https://unevoc.unesco.org/wysd/
[2] Quarta, S. (2015). I NEET in Italia. Uno studio di genere e una proposta di ricerca qualitativa. RESED Revista de Estudios Socioeducativos, 3, 166-193.
[3] Ferri, V. & Tesauro, G. (2020). Giovani scoraggiati: i NEET italiani che non cercano lavoro. Rivista Italiana di Economia Demografia e Statistica, vol. LXXIV, 3-4, 63-74.
[4] Alfieri S. & Sironi E., a cura di (2017). Una generazione in panchina, da NEET a risorsa per il paese. Vita e pensiero – Istituto Toniolo.
Un pensiero su “NEET: l’importanza di creare competenza e costruire competenze”