FALSI MITI SULLA FIGURA DELLO PSICOLOGO
Chi ha scelto di intraprendere gli affascinanti, quanto tortuosi, sentieri della psicologia sarà sicuramente inciampato più volte nella tipica quanto ingenua espressione che suona più o meno così: “ah sei psicologo\a, dunque mi leggi la mente mentre parliamo?!”. La risposta è chiaramente no, lo\la psicologo\a non sa leggere la mente, per fortuna neanche la più avanzata delle tecnologie è ancora riuscita a farlo! Si scambia, forse, per un superpotere quella che invece è un’abilità all’ascolto attivo, empatico, coinvolto, diverso dalla chiacchierata quotidiana che si fa solitamente in famiglia o tra conoscenti, senza nulla togliere alle magnifiche conversazioni che si fanno tra amici, talvolta, perché no, terapeutiche anche quelle.
Ecco un’altra credenza molto comune quanto tragica per le sue conseguenze “solo i matti vanno dallo\a psicologo\a”, (affermazione provocatoriamente messa a titolo di questo articolo per sottolinearne l’assurdità e completa fallacia), spesso seguita da un altrettanto struggente chiarimento: “io preferisco risolvermeli da solo\a i problemi”. Il fatto che persone con problematiche gravi e magari pervasive si rivolgano ad uno psicologo\psicoterapeuta non esclude il fatto che chiunque, anche la più felice della persone, possa voler iniziare un percorso psicologico, l’obiettivo si decide infatti insieme al paziente e non sempre si tratta di risolvere problemi specifici. L’interesse, talvolta, è proprio quello di conoscersi meglio, acquisire una maggiore consapevolezza su di sé, migliorare dove si sente l’esigenza di farlo, conoscersi per riconoscersi nei propri pensieri, parole, comportamenti, trovare la propria strada, il proprio “dàimon” per dirla con le parole di Platone, portare alla luce parti di noi prima sconosciute, coccolare quella parte di sé ferita, esplorare le nostre potenzialità. Rivolgersi ad un professionista probabilmente viene percepito come una forma di debolezza, per non esserci riusciti da soli; di fatto, è quello che facciamo ogni volta che chiediamo un parere al nostro medico, al nutrizionista, al commercialista, all’avvocato: si tratta semplicemente di qualcuno che ha più competenze di noi sull’argomento e può apportare il suo contributo e punto di vista. Allo stesso modo, perché negarsi la possibilità di rivolgersi ad una persona competente in ambito psicologico?! È un regalo che facciamo a noi stessi, anche quando il corpo ci fa male possiamo affidarci ad Internet per scoprire come curarci con il “fai da te”, ma spesso corriamo il rischio di sbagliare diagnosi, farci del male e perdere un sacco di tempo (e forse anche di soldi) per poi finire comunque dal medico. L’occhio esterno di un professionista è assai prezioso perché guardare se stessi con i propri occhi porta sempre ad una visione incompleta e di parte, pensate ad un piccolo robot che cerca di aggiustare i propri difetti da solo ma non sa che la chiave per aprire il suo meccanismo è posta proprio dietro la sua schiena, non è sciocco o debole, semplicemente non può vederla, serve qualcuno che glielo dica e che lo aiuti.
“Chiunque lavori a contatto con il pubblico fa un po’ da psicologo ai propri clienti, vedi parrucchieri, baristi etc.” mi chiedo se vi sia capitato di sentire frasi del genere, come “la mia parrucchiera è anche un po’ psicologa”. E’ senz’altro innegabile che lavorare a contatto con una clientela richieda un grande impegno e una generosa dose di pazienza, che tante persone mettono in pratica ogni giorno; quello che ci interessa però, è distinguere la chiacchiera informale che si scambia tra amici e conoscenti dal colloquio psicologico. Innanzitutto, nel secondo caso ci rapportiamo con un professionista del settore, inoltre siamo inseriti in un setting, cioè in un ambiente sicuro, specifico e con delle regole, in cui siamo protetti dal segreto professionale e dove la\lo psicologo\a dedica la sua totale attenzione al paziente ed al suo bene, impegnandosi per promuoverne il benessere e l’autonomia.
Qui arriva un’altra credenza piuttosto ricorrente, ovvero che lo psicologo dia consigli, suggerimenti, definisca le scelte e le decisioni del paziente. Ci teniamo assolutamente a smentire questo punto di vista: è scritto nel codice deontologico degli psicologi che si debba promuovere il benessere e l’autonomia della persona, che si lavori per offrire un supporto ed una guida per l’autodeterminazione del paziente, che mai l’intenzione sia quella di creare una relazione di dipendenza dallo psicologo, proprio perché contrario al raggiungimento del benessere della persona presa in carico, che è invece l’obiettivo supremo del lavoro.
Infine ci è venuta in mente un’ultima credenza su chi svolge la professione dello psicologo ovvero quella di pensare che costui abbia pieno controllo di sé, dei propri pensieri e delle proprie emozioni, che non abbia problemi familiari o relazionali, che nulla la\lo possa intaccare. Chiaramente lo\la psicologo\a è una persona che avendo investito molto in questa professione generalmente è andata e\o sta andando essa stessa in terapia presso un altro collega, proprio perché è importante conoscere prima di tutto se stessi per poter essere una buona cassa di risonanza per l’altro, è fondamentale essere consapevoli di sé e ben centrati, quindi senz’altro avrà una marcia in più da questo punto di vista; tuttavia parliamo pur sempre di persone, alle prese, come tutti, con i problemi della vita quotidiana, conflitti e dilemmi personali e familiari, per nulla estranee agli imprevisti della vita.
Martina Mancinelli