Lucio Battisti (1970) cantò: “Capire tu non puoi, tu chiamale se vuoi…emozioni!”.
Le parole dello storico cantautore ci suggeriscono l’importanza di comprendere un’emozione; ma è davvero così spontaneo e naturale saper riconoscere, verbalizzare ed esprimere gli stati emotivi che proviamo?
Se, nel corso della vita, molte persone esperiscono le svariate sfumature della “ruota delle emozioni”, altre sembrerebbero vivere uno stato di spegnimento o appiattimento emotivo generale, ad oggi riconducibile al costrutto dell’alessitimia.
Già dai primi anni ’50 si parlava di “analfabetismo emotivo”, indicando con questo termine la mancata consapevolezza del proprio repertorio emotivo da parte di alcune persone. Coloro che non possiedono “competenza emotiva”, infatti, sono privi anche di un lessico e di una modalità espressiva o comunicativa efficace per comprendere le emozioni proprie e altrui e saperle regolare in base al tipo di situazione vissuta. Il primo ricercatore a cui dobbiamo la comparsa del termine alessitimia fu lo psichiatra americano Sifneos [1],
Il costrutto trae origine da innumerevoli osservazioni cliniche effettuate su pazienti affetti da condizioni psicosomatiche, problematica che abbiamo affrontato in un articolo precedente. L’idea di base, comunque, è che in questi soggetti l’origine della patologia si “nasconda” e sia da rintracciare nella modalità disfunzionale di esprimere la propria sofferenza. Il corpo diventa un “messaggero” e i sintomi un segnale d’allarme indice di disagio psicologico e sofferenza emotiva.
Nel corso degli anni, l’alessitimia è diventata sempre più oggetto di interesse scientifico; oggigiorno ne viene riconosciuta la sua natura transnosografica, ciò significa che non viene più considerata come una condizione unica, isolata, ma le caratteristiche tipiche di tale incapacità sembrerebbero presenti in più e svariate condizioni psicopatologiche. Possiamo facilmente rintracciare aspetti alessitimici in tutte quelle condizioni patologiche in cui risulta evidente una disregolazione emotiva [2].
Pertanto l’alessitimia viene considerata come una costellazione di sintomi da deficit di regolazione affettiva. E’ ormai noto come una difficoltà di gestione dei propri vissuti emotivi rappresenti già di per sé un fattore di vulnerabilità, in grado di influenzare il decorso di patologie organiche e il nostro benessere psicofisico [3].
Dis-regolazione emotiva: cosa si intende?
Il concetto di regolazione delle emozioni implica la capacità di monitorare, valutare e regolare le proprie reazioni emotive positive e negative in base alle circostanze, alle relazioni interpersonali, ai bisogni e agli obiettivi da raggiungere. Si tratta di un costrutto multidimensionale che coinvolge quindi vari aspetti (processi cognitivi, comportamentali ecc.).
Quali sono i passi per una buona regolazione emotiva?
- acquisire consapevolezza e comprendere le emozioni provate;
- accettare i propri stati emotivi, sia positivi che negativi;
- controllare le manifestazioni comportamentali, adottando strategie consone al contesto in cui ci troviamo, necessarie per modulare la risposta emotiva (intensità, durata, espressione delle emozioni) [4];
La finalità è senza dubbio quella di favorire un buon adattamento sociale [11], invece una disregolazione di tali abilità comporterebbe una reazione disadattiva agli stimoli ambientali, compromettendo il nostro miglior funzionamento nella quotidianità e nelle sfere di vita (sfera personale, sociale, sentimentale, lavorativa ecc.)[4].
Nello specifico, è opportuno precisare che coloro che presentano aspetti alessitimici non vivono una completa assenza di emozioni, ciò che risulta alterata è la capacità di interpretarle correttamente. Ad esempio, una delle problematiche più evidenti è quella di non saper distinguere l’emozione dall’attivazione somatica. Pur potendo descrivere come si sentono fisicamente (per es: pianto, sudorazione, aumento del battito cardiaco ecc.), le persone alessitimiche non riescono ad “etichettare” tali sensazioni fisiche con il nome dell’emozione provata, vivendo confusione, nonché difficoltà nel comunicare e comprendere gli stati emotivi altrui. Inoltre, l’essere più focalizzati su “cosa ho” piuttosto che “cosa provo, cosa sento” tende a dare l’idea di essere una persona poco emotiva o empatica.
Nel dettaglio…quali aree risultano compromesse? [12-13]
SFERA COGNITIVA:
- pensiero concreto, pragmatico;
- scarsa introspezione;
- nel raccontare un contenuto vengono enfatizzati aspetti razionali e ricchi di dettagli “inutili” della storia, svuotati della carica emotiva;
- povertà immaginativa, assenza di fantasie e desideri;
SFERA AFFETTIVA:
- emozioni/sentimenti e sensazioni corporee non vengono distinte (per es: la rabbia può essere letta solo come “mal di pancia” o “dolore al petto”);
- Difficoltà nel rintracciare la motivazione dello stato di attivazione corporea (aumento del battito cardiaco, sudorazione ecc.);
- difficoltà nel separare/differenziare le emozioni tra loro (es: rabbia confusa con irritazione o dispiacere);
- scarsa capacità di provare emozioni piacevoli perché maggiormente focalizzati su quelle negative;
SFERA INTERPERSONALE:
- scarsa empatia e scarsa condivisione dei propri stati d’animo;
- assenza di comunicazione efficace nelle relazioni;
- conformismo sociale (forte aderenza alle regole);
- tendenza a instaurare relazioni superficiali o evitamento dell’intimità/isolamento;
- manifestazione inopportuna della propria emotività (comportamenti ambigui, reazioni emotive eccessivamente insolite al contesto);
- espressività corporea rigida e repertorio mimico-gestuale ristretto;
SFERA NEUROBIOLOGICA:
- minor accuratezza nel riconoscimento delle espressione facciali emotive altrui [8];
- minor reattività fisiologica in situazioni di stress;
- ridotta attivazione del sistema limbico (insieme di strutture cerebrali e circuiti neuronali che giocano un ruolo chiave nell’integrazione della risposta emotiva, fisiologica e comportamentale);
- alterazione del sistema immunitario [2];
- l’interpretazione erronea dell’attivazione corporea, operata in termini somatici, conduce i soggetti a un uso massiccio di strutture sanitarie e consultazioni mediche [12];
Quali conseguenze?
L’alessitimia risulterebbe associata tanto a disturbi della sfera psicosomatica (per es: disturbi dell’apparato gastrointestinale, della pelle, dell’apparato respiratorio, ecc.) quanto a psicopatologie; tra le ultime, si sottolineano disturbi di personalità, depressione, disturbo d’ansia, disturbi alimentari, disturbo post-traumatico da stress, abuso di sostanze e disturbo dello spettro autistico [5-6]. Inoltre, in ambito neurologico si segnalano la presenza di caratteristiche alessitimiche in soggetti con Sclerosi Multipla [6] e Morbo di Parkinson [9].
Quali possibili cause?
Vi sono teorie che spaziano dalle evidenze neurobiologiche (in corso di approfondimento) al campo psicosociale (per esempio, contribuiscono negativamente fattori di rischio come trascuratezza emotiva, maltrattamento, cure inadeguate, stile educativo autoritario, ambiente e relazioni poco stimolanti e uno stile di attaccamento insicuro alle figure significative).
Ad oggi occorre sottolineare che non è possibile circoscrivere l’origine dell’alessitimia a un’unica causa per giustificarne la comparsa. Si tratta di un fenomeno complesso da analizzare secondo un’ ottica bio-psico-sociale (Engel, 1977), accantonando l’idea secondo cui l’origine di una patologia sia di natura prettamente organicistica o legata a una mera relazione di causa-effetto. Il modello bio-psico-sociale ci suggerisce come una problematica sia frutto dell’interazione complessa tra numerosi fattori che intervengono in modo differente (tempi, durata, momento di comparsa nella propria vita ecc.) nella vita di ognuno di noi, tra i quali fattori culturali, sociali, psicologici, biologici e neurofisiologici.
Restituire voce alle emozioni: è possibile?
Affinché si possa parlare di alessitimia in qualità di caratteristiche presenti in diverse patologie, occorre rivolgersi a uno specialista in grado di effettuare un’attenta analisi della propria condizione. In linea generale, un lavoro psicoterapeutico personalizzato con le persone in cui si rintracciano tali caratteristiche sembrerebbe essere un valido aiuto per raggiungere dei benefici a lungo termine. In soggetti alessitimici, l’intervento potrebbe contribuire al raggiungimento di un’alfabetizzazione emotiva in grado di restituire voce ai vissuti emotivi affinché possano essere correttamente elaborati da un punto di vista cognitivo e adeguatamente espressi, così da ripristinare quel “collegamento” tra sensazione corporea ed emozione, garantire un miglioramento della qualità della vita e colmare le aree compromesse, sopra discusse.
E tu…dai voce alle tue emozioni?
Valentina Centanni
Bibliografia
- Sifneos, P.E. (1973). The prevalence of alexythimic characteristics in psychosomatic patients. Psychoterapy and Psychosomatics 22, 255-262.
- Epifanio, M.S., La Grutta, S., Roccella, M., Lo Baido, R., (2014). L’alessitimia come disturbo della regolazione affettiva. Minerva Psichiatrica; 55:193-205.
- Carretti, V., & La Barbera, D., a cura, (2005). Alessitimia, valutazione e trattamento. Roma: Astrolabio Editore.
- Gratz, K. L., Roemer, L. (2004) Multidimensional Assessment of Emotion Regulation and Dysregulation: Development, Factor Structure, and Initial Calidation of the Difficulties in Emotion Regulation Scale. Journal of Psychophatology and Behavioral Assessment, Vol 26, N.1, 41-54.
- Todarello, O, Porcelli, P (2002). Il costrutto di alexithymia.” In Medicina Psicosomatica. Valutazione scientifica, integrazione organizzativa e costo sociale (ed. O Todarello, P Porcelli), pp 87-149. Franco Angeli: Milano.
- Kinnaird, E.,Stewart, C., Tchanturia, K. (2019). Investigating alexithymia in autism: A systematic review and meta-analysis. European Psychiatry; 55: 80–89.
- Cecchetto, C., et al. (2014). Facial and bodily emotion recognition in multiple sclerosis: the role of alexithymia and other characteristics of the disease. Journal of the International Neuropsychological Society;20:1004–1014.
- Cecchetto, C., Rumiati, R.I., Aiello, M. (2017). Alexithymia and emotional reactions to odors. Scientific Reports; 7: 14097.
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- Gross, J. J. (2007) Handbook of Emotion Regulation. The Guilford Press.
- Porcelli, P., (2004), “Updates sul costrutto di Alexithymia”, In relazione presentata al 1º Convegno Internazionale sull’Addiction, “L’era dell’eccesso: Clinica e psicosomatica dell’addiction”, Psychomedia, Palermo.
- Taylor, G.J., Bagby R.M., Parker, J.D.A. (1997a). Disorders of affect regulation. Alexithymia in medicine and psychiatric illness. CambridgeUniversity Press: Cambridge, MA.
- Taylor, G.J., Parker, J.D.A., Bagby R.M. (1997b). Relationship between alexithymia and relate constructs. In the (non) expression of emotions in health and disease (ed. AJM Vingerhoets, FJ van Bussel, AJW Boelhouwer), pp. 103-112. Tilburg University Press: Tilburg.