Disturbi mentali for dummies

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Tempo di lettura 8 minuti

Effettuiamo una breve ricerca su google. Digitiamo “disturbo mentale” e improvvisamente ci troviamo dinanzi una moltitudine di definizioni varie, molte astruse, spesso riduttive e contraddittorie. Benvenute e benvenuti nel mondo della psicologia! 

Cos’è un disturbo mentale?

  • Non è una malattia
  • Non è un’entità che “o c’è o non c’è”
  • Non è sinonimo di pazzia

Il concetto è così complesso, articolato e dibattuto che è più facile definire cosa non è.

Il disturbo mentale non è una malattia, illustrazione di Fiore

Non è una malattia

Anche se il concetto è tuttora dibattuto (vi è un tentativo di definirla includendo la dimensione psicologica e sociale, oltre a quella biologica dell’individuo), la malattia è comunemente intesa come un insieme di sintomi e segni di cui sono note le cause. Quest’ultime non sono sempre note nei disturbi mentali, che si manifestano e si sviluppano nel tempo in modi spesso imprevedibili: due persone con lo stesso disturbo mentale possono sperimentare sintomi e segni molto diversi tra loro, così come due persone con sintomi e segni simili possono avere due disturbi diversi. Inoltre si può avere lo stesso disturbo ma per ragioni diverse. Ad esempio si può smettere di mangiare perché si ha un disturbo delirante dello spettro della schizofrenia oppure perché ricorrenti conflitti relazionali in famiglia hanno contribuito allo sviluppo di un disturbo del comportamento alimentare. Il sintomo è lo stesso (entrambe hanno smesso di mangiare), le storie delle singole persone sono diverse (ovviamente), il disturbo è diverso e quindi la Psicologia ci insegna che sarà necessario valutare attentamente, caso per caso, il trattamento o i trattamenti più adatti e che la scomparsa o l’attenuazione del sintomo non equivale alla guarigione.

Non è un’entità che “c’è o non c’è”

Per intenderci non è come un’infezione, non è qualcosa di “contagioso”. Disturbo mentale è un concetto utilizzato per definire una particolare condizione di sofferenza che appare troppo complessa e imprevedibile per essere descritta altrimenti. In breve, in caso di sintomi come tosse, febbre e mal di testa possiamo stabilire se sono la conseguenza di un’infezione polmonare, dunque conosciamo la causa (un virus o un batterio ha contagiato il nostro organismo) e l’effetto (tosse, febbre ecc.). Non vale la stessa cosa per i casi in cui ci sentiamo infelici, inutili o agitati: non sempre si può determinare con esattezza le cause e gli effetti variano da persona a persona.

Gli esseri umani esperiscono l’angoscia in modi tanto diversi da essere difficilmente riconoscibili e catalogabili. Disponiamo di strumenti che rilevano oggettivamente e istantaneamente la presenza o l’assenza di un’infezione polmonare, al contrario nessuna radiografia può evidenziare quanto una persona stia soffrendo e non ci sono “termometri per la depressione”: gli strumenti per valutare come e quanto una persona “sta male” non sono sufficienti per stabilire nell’immediato la presenza o meno del disturbo. Questa complessità non implica che i disturbi mentali “non esistono”, che “non c’è rimedio” o che rappresentano sempre condizioni “anomale”: soffrire e non voler uscire di casa dopo aver subito l’ennesima violenza dal bullo è tanto normale quanto prendersi la polmonite uscendo a petto nudo d’inverno; iniziare un percorso di psicoterapia è tanto normale quanto consultare un medico per una febbre alta. Il fatto che non sia paragonabile a una malattia ben definita non significa che non esiste o che sia meno importante. 

Disturbo mentale non è sinonimo di pazzia

Pazzia nel linguaggio comune è associata all’irragionevolezza, alla pericolosità, a qualcosa o ancora meglio a qualcuno che devia dalla normalità e per questo “va allontanato”. La tendenza a evitare, escludere ed emarginare la diversità ha sempre contraddistinto l’agire umano, banalmente perché è molto più facile conformarsi alla maggioranza, proteggersi da ciò che è malato e fa paura, piuttosto che sforzarsi di comprendere e accettare che la realtà è complessa e la diversità è la “normalità”: siamo tutte e tutti diversi. Ciò significa che siamo tutte e tutti pazzi?


Normalità e devianza

Chi di noi non ha un’idea di cosa è normale e cosa non lo è? Chi di noi non ha avuto modo di confrontarsi con opinioni diverse di persone nate e cresciute in contesti diversi, che pensano e si comportano “diversamente”?

Concetti come normalità e devianza, salute e malattia sono, da sempre, fondati sulle idee dominanti di un determinato contesto storico-culturale. Ad esempio, nel Medioevo c’erano demoni e streghe a rappresentare l’alterità, la sofferenza e il disagio mentale, un medico olandese scriveva: “la strega è per lo più una vecchierella stupida di mente, ignorante, illetterata, sedotta dallo spirito demoniaco che la incanta coi suoi prodigi, invasa e corrotta dal demonio, ma soltanto col pensiero e le immaginazioni fallaci” e ancora “le menti delle streghe sono ferite, turbate e sconvolte da fantasmi e apparizioni in cervelli già instupiditi dalla melanconia e dai suoi vapori” (Sugli incanti dei demoni, gli incantesimi e i veleni, Johann Wier, 1557).

Quindi come poter stabilire cosa è normale e cosa non lo è? Quando si è “malati di mente” e quando no? 

Foucault, filosofo e sociologo del XX secolo, ci offre una chiave di lettura utile per cercare le risposte a queste domande con il concetto di “episteme”: un insieme condiviso di regole implicite e riflessioni sulle stesse che definisce cosa può essere considerato vero e cosa falso in determinate epoche e contesti. Episteme indica quelle norme che abbiamo appreso dal nostro contesto e a cui tutte e tutti aderiamo inconsapevolmente. In breve, il modo in cui distinguiamo normalità e devianza è “lo stesso” che osserviamo in uno specifico contesto. Ad esempio, concordiamo sul fatto che la pedofilia è sempre devianza ed è sempre reato, ma non tutto può essere sempre discriminato in modo così netto: sentirsi infelici è normale, soprattutto dopo eventi drammatici come un lutto, può diventare un atteggiamento deviante ma non sempre sappiamo esattamente in quali circostanze. È bene tenere a mente questi passaggi per non correre il rischio di avere una visione riduttiva, decontestualizzata e anacronistica del disturbo mentale.

Quando è necessario distinguere tra normalità e devianza?

Come abbiamo appena appreso da Foucault, dipende dal contesto. Capire se una persona è “normale” o “deviante” può essere un modo per:

  • scoprire o confermare la nostra “normalità”: nessuna o nessuno di noi vorrebbe essere etichettata come una persona “diversa”, “anormale”, “malata”, “disturbata” e quindi emarginata.
  • aiutare qualcuno che sta soffrendo: medicina, psichiatria e psicologia, pur riconoscendo la complessità del concetto, hanno stabilito dei criteri per definire chi, quando e come ha bisogno di un trattamento o di una cura.
  • definire se e quanto un individuo è responsabile di un crimine: ci riferiamo all’incapacità di intendere e di volere. Come stabilire se un furto è dovuto a un’azione criminosa o “da una strana forma di Cleptomania”?

È importante sapere cos’è un disturbo mentale?

 “Per quanto è possibile, la designazione di un sintomo come schizofrenico dovrebbe essere la conseguenza di un accordo non soltanto fra me e me, ma anche con gli altri, collettivamente; io non posso obbligare nessuno a riconoscere questo sintomo. In altri termini, io non posso dire: questa è una schizofrenia; posso soltanto dire: questa io la chiamo una schizofrenia; o questa abitualmente oggi si chiama schizofrenia.”

Kurt Schneider

Dare un nome a un problema significa riconoscerne l’esistenza. Riconoscere di avere un problema significa dare voce alla nostra sofferenza.

Il disturbo mentale è il risultato del tentativo di Psicologia e Psichiatria di dare un nome e uno spazio a un’espressione della profonda complessità della natura umana. Anche se molte e molti professionisti criticano alcuni di questi “nomi” (definiti da Paul Wachtel come “insulti dall’illustre pedigree”, 2009), concordano sul fatto che rappresentino un linguaggio comune, condiviso dalla comunità medico-scientifica internazionale. In particolare ci riferiamo alla tassonomia utilizzata nel DSM 5 (il blasonato Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali). È un linguaggio tecnico che, con tutti i suoi limiti, stabilisce dei confini, delle linee guida per aiutare persone che sperimentano una sofferenza significativa, spesso invalidante, per orientare la ricerca scientifica, i percorsi di formazione, le politiche sanitarie, ecc..

Dare un nome alle cose significa anche esporsi al rischio di etichettare, categorizzare, stereotipizzare (approfondiremo l’argomento prossimamente in nuovo articolo). I manuali diagnostici, come il DSM, sono un tentativo di circoscrivere la complessità e contemporaneamente soddisfare la necessità delle scienze contemporanee di adottare un sistema semplice e replicabile. Tuttavia si può intuire come costringere la complessità entro un sistema semplice conduca “a formulazioni che, per quanto soddisfacenti ed eleganti, diventano insignificanti rispetto al mistero della natura umana” (McWilliams, 2012), se non addirittura discriminanti.

Sapere cos’è un disturbo mentale ci mette di fronte a una delle infinite manifestazioni della fragilità intrinseca dell’essere umano. Sapere cos’è un disturbo mentale non basta: è un invito a riconoscere che le fragilità dell’Altro non sono poi così lontane dalla nostra esperienza. 

Spoiler alert: anche chi scrive potrebbe avere un disturbo mentale!

Giulia Micheli 

Jakarta Zepponi

Illustrazioni di @Fiore

N.B. È fondamentale approcciarsi ai disturbi mentali senza la pretesa “di saperla più lunga” di chi ne soffre. Le persone che più hanno diritto di narrare cos’è e cosa comporta avere un disturbo mentale sono quelle che lo vivono sulla propria pelle. Di seguito troverete alcuni racconti di esperienze dirette (su YouTube ce sono tantissimi, ma ascoltate anche e soprattutto chi vi sta intorno) e alla fine alcune definizioni di “disturbo mentale” :

Alessandro “Shy” Masala, noto youtuber italiano, presenta e commenta notizie sul suo canale “Breaking Italy”. In questo video racconta la sua esperienza con la Depressione.
Cecilia McGough, attivista per la salute mentale, radioastronoma, scrittrice, fondatrice e direttrice dell’associazione no profit Students With Schizophrenia. Nel video racconta la storia di ciò che definiva il suo “segreto” ovvero della sua Schizofrenia.
Neil Hilborn, poeta slam, vincitore del premio “College National Poetry Slam”. Nel video recita e interpreta “OCD”, una delle sue poesie in cui rappresenta il suo Disturbo Ossessivo Compulsivo (OCD).
Shanti Winiger, youtuber italo-svizzera, laureata in Psicologia, scrittrice; nei suoi video parla spesso di salute mentale e crescita personale. Qui ci racconta del suo Disturbo Bipolare.

Un po’ di definizioni:

Ossorio 1985, corsivo di Zennaro 2011: un individuo si trova in una condizione di psicopatologia quando vi è una significativa diminuzione delle sue capacità di intraprendere azioni deliberate e, in modo equivalente, di partecipare alle pratiche sociali della comunità, in maniera adeguata e coerente con il periodo evolutivo in cui si trova.

DSM 5 2014, disturbo mentale: “Un disturbo mentale è una sindrome caratterizzata da un’alterazione clinicamente significativa della sfera cognitiva, della regolazione delle emozioni o del comportamento di un individuo, che riflette una disfunzione nei processi psicologici, biologici o evolutivi che sottendono il funzionamento mentale. I disturbi mentali sono solitamente associati a un livello significativo di disagio o disabilità in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti. Una reazione prevedibile o culturalmente approvata a un fattore stressante o a una perdita comuni, come la morte di una persona cara, non è un disturbo mentale […]”.

Treccani, malattia mentale: Sindrome o modalità comportamentale o psicologica, clinicamente significativa, associata a un malessere o a una menomazione, da considerarsi manifestazione di una disfunzione comportamentale, psicologica o biologica della persona. Non esiste una definizione soddisfacente che specifichi i confini precisi del concetto di m.m. (o disturbo mentale, come talvolta si preferisce chiamarla).

(https://www.treccani.it/enciclopedia/malattia-mentale/)

Wikipedia, disturbo psichico o mentale: In psicologia e psichiatria è una condizione patologica che colpisce la sfera comportamentale, relazionale, cognitiva o affettiva di una persona in modo disadattativo, vale a dire sufficientemente forte da rendere problematica la sua integrazione socio-lavorativa e/o causargli una sofferenza personale soggettiva. 

(https://it.wikipedia.org/wiki/Disturbo_mentale)

Bibliografia

  • Alessandro Zennaro, 2011. Lo sviluppo della Psicopatologia. Il Mulino.
  • Donald W. Black, Jon E. Grant, 2015. DSM-5 Guidebook, Edizione italiana. Raffaello Cortina Editore.
  • Nancy McWilliams, 2012. La diagnosi psicoanalitica. Astrolabio.

Approfondimenti

Alfredo Civita, 1999. Psicopatologia: un’introduzione storica. Carocci Editore.

https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=42667

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