Autismo: tra falso mito e realtà

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“Vi sono molte cose che le persone con autismo spesso tentano di evitare: controllo esterno, disordine, caos, rumore, luce forte, contatto, coinvolgimento, implicazione emotiva, essere guardati o costretti a guardare. Sfortunatamente gli ambienti educativi sono per la maggiorparte molto affezionati a quegli stessi elementi che più ci ripugnano.

Donna Williams. Il mio e il loro autismo [1]

Tutti sappiamo, più o meno, in cosa consista l’autismo. Eppure non sembra così facile inquadrarlo, tanto che nel tempo si sono diffuse le più varie e surreali credenze su questo disturbo. Per questo abbiamo deciso di fare chiarezza, includendo l’autismo nella nostra rubrica “Tolgo il disturbo… anzi no! Parliamone!”.

Uno degli obiettivi cardine di questo ciclo di articoli è proprio quello di sfatare i falsi miti che ruotano attorno ad ognuno di questi disturbi e, come immaginerete, l’autismo ne porta con sé davvero tanti… proviamo a vederne alcuni!

1)    L’autismo è sinonimo di disabilità intellettiva.

NO! La diagnosi di autismo non è necessariamente associata a una diagnosi di disabilità intellettiva (più comunemente conosciuta come ritardo mentale). C’è la possibilità che, in aggiunta al disturbo dello spettro autistico, venga diagnosticata anche una disabilità intellettiva, ovvero un quoziente intellettivo al di sotto della norma. Tuttavia, non è una regola che le due diagnosi siano compresenti. 

2)    La persona con autismo non prova emozioni.

Non è così. Tutti gli individui con autismo sono in grado di sperimentare emozioni. Questo mito origina dalla effettiva ridotta espressività che manifestano le persone con autismo: infatti, non solo faticano nel riconoscere le proprie e le altrui emozioni, ma presentano spesso anche una mimica facciale inadeguata al contesto [2]. Questa caratteristica rende impossibile per coloro che hanno a che fare con persone autistiche comprendere cosa stiano provando, dal momento che la loro espressività può non coincidere con il reale stato d’animo (ad esempio il volto può essere sorridente ma in realtà sta aumentando la frustrazione per un compito troppo difficile). Viceversa, le persone con autismo faticano a percepire che l’altro stia provando per esempio del dolore, in quanto non sono in grado di comprendere le espressioni facciali o il comportamento altrui.

3)   L’autismo è provocato dai vaccini!

Non esiste ALCUNA evidenza scientifica che confermi l’associazione fra i vaccini e il disturbo autistico. Tra l’altro le evidenze che presuppongono questa credenza sono state smentite dalla scienza. L’autismo è spiegato da una disfunzione nella maturazione neurobiologica e funzionale del Sistema Nervoso Centrale la cui eziologia, ovvero la causa, non è ancora ben definita. Alcuni studi hanno rilevato che è possibile rintracciare un’origine genetica. Ma poiché risultano moltissimi i geni implicati nello sviluppo dello spettro, non è semplice individuare i meccanismi biologici chiave che lo determinano [3,4]. Che l’autismo abbia una base fortemente genetica è dimostrato dal fatto che vi è un’altissima probabilità di riscontrare contemporaneamente tale disturbo nei gemelli e nelle gemelle omozigoti/e (che come si sa condividono tutto il corredo genetico), mentre tale percentuale è inferiore nelle coppie di gemelli/e dizigoti/e (che condividono solo parte del corredo genetico). In particolare nel primo caso si riscontra circa il 90% di concordanza contro il 31% per le coppie dizigote [5,6].

4)    Chi ha l’autismo è un genio!

Anche questo, purtroppo, è un falso mito che proviene dall’esistenza di una percentuale di individui con diagnosi di autismo che presentano una spiccata abilità in attività come il gioco degli scacchi o in un ambito di studio specifico. Per esempio, alcune persone con autismo possono arrivare a conoscere in maniera dettagliatissima tutte le specie di cetacei esistenti, tanto da fare invidia ad un manuale! Tuttavia non sempre un’elevata competenza in un particolare ambito è in grado di definire la genialità di una persona. Infatti le attività in cui a volte le persone con autismo eccellono risultano piuttosto macchinose e non richiedono quella complessità tipica delle azioni geniali o innovative. Inoltre, come già detto, questa caratteristica viene condivisa solo da una percentuale di persone con autismo.

Ora che abbiamo superato l’ostacolo di alcune convinzioni pseudoscientifiche, vediamo più da vicino che cos’è l’autismo.

NEL VIVO DEL DISTURBO…

Oggi sarebbe meglio parlare di “disturbi dello spettro dell’autismo”: così infatti sono stati denominati nell’ultimo Manuale Diagnostico e Statistico (il DSM-5) [7]. La parola chiave è “spettro” che sta ad indicare l’esistenza di numerose espressioni del disturbo che rendono ciascuna persona con autismo diversa dall’altra. Ma se l’autismo può assumere forme molto diverse fra loro, come si fa a diagnosticarlo? Non temete, esistono dei criteri ben precisi che consentono a clinici esperti nel settore di individuare questa sindrome. Chiariamo meglio cosa si intende per Disturbo dello spettro autistico! 

L’autismo è una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita. Essendo un disturbo pervasivo del neurosviluppo, questo ha ricadute importanti in tutte le aree di vita del bambino, pertanto le difficoltà non spariranno magicamente con l’avanzare dell’età e non esiste una pillola che faccia il miracolo: un’adeguata terapia e un ambiente inclusivo potranno migliorare il quadro sintomatologico.

La diagnosi del disturbo non è semplice: è importante incrociare i dati e basarsi su più fonti di informazione tra cui le osservazioni del clinico, ciò che viene riferito dai caregiver, ovvero chiunque se ne prenda cura, e dagli insegnanti.

Le difficoltà principali del bambino possono essere osservate in due macro-aree: la comunicazione e l’interazione sociale sono deficitarie
i comportamenti e gli interessi sono ristretti e ripetitivi
(DSM-5)

Detto così sembra semplice, ma approfondiamo cosa comporta avere un deficit in questi due ambiti.

La possibilità di comunicare efficacemente e di interagire è fondamentale non solo per lo sviluppo delle capacità relazionali, ma anche per l’instaurarsi della reciprocità socio-emotiva. Qualche bambino con autismo ha difficoltà nell’iniziare una conversazione o nel portarla avanti, alcuni hanno un eloquio ripetitivo, emettono suoni o ripetono parole altrui (ecolalia), altri invece semplicemente non parlano. E come si esprimono i propri bisogni ed esigenze se non si è in grado di parlare chiaramente? Di solito si utilizzano gesti comunicativi come l’indicare, il mimare, lo scuotere la testa… ma anche la padronanza dei comportamenti comunicativi non verbali non è scontata per chi nasce con questo disturbo! Spesso, come detto nei falsi miti, persone con ASD (Autism Spectrum Disorders) non mostrano una mimica facciale spontanea o non utilizzano gesti che indicano “ciao”, “buono” etc… Per quest’area i campanelli d’allarme precoci, se il disturbo è piuttosto grave, sono visibili già dalle primissime tappe dello sviluppo: il bambino non indica e non si gira se chiamato, ha un ritardo del linguaggio e non condivide l’attenzione con un caregiver.

I comportamenti, gli interessi e l’uso di oggetti sono stereotipati, possono presentarsi rigidità, rituali e resistenza ai cambiamenti (ad esempio, un bambino autistico può avere una crisi comportamentale se la mamma è costretta a fare una deviazione dal normale tragitto che effettuano ogni lunedì per tornare a casa da scuola). Gli interessi possono essere limitati e anomali per intensità e profondità: è frequente che siano presenti conoscenze molto approfondite relative ad un numero limitato di argomenti e questo, come discusso nei falsi miti, ha erroneamente dato adito ad inferenze di genialità. Per quest’area i campanelli d’allarme precoci, se il disturbo è piuttosto grave, sono: la mancanza del gioco simbolico come ad esempio il “facciamo finta che…”, la difficoltà di immaginazione, l’utilizzo atipico dei giochi (ad esempio ordinare per colore le macchinine invece di farle correre, oppure concentrarsi su una sola parte delle stesse, come le ruote), la presenza di rituali fissi e rigidi e una precoce autonomia. 

Un altro dato da non sottovalutare, e a cui è stata riconosciuta la debita importanza da relativamente poco tempo, è la iper o ipo-reattività agli stimoli sensoriali. In altre parole i sensi delle persone autistiche non si sincronizzano e possono essere fonte di enorme fastidio, soprattutto nel caso della ipersensibilità. Ad esempio, spesso i bambini e le bambine con iperudito si tappano le orecchie nei luoghi affollati o quando passa un’ambulanza, sebbene ad altri/e possa non dar fastidio, o ancora bambini /e con ipersensibilità al tatto possono avere problemi con gli indumenti: non è facile concentrarsi sulla matematica se non passa la costante sensazione di avere strati e strati di vestiti addosso! Le difficoltà sensoriali possono interferire anche con la cura personale: i genitori riferiscono che lavare i capelli o tagliare le unghie al proprio bambino o alla propria bambina può diventare un’impresa che richiede più di una persona [8].

Solitamente, accanto alla diagnosi di autismo viene valutato il livello di gravità in base al funzionamento e al grado di supporto di cui la persona necessita (Livello 1: “è necessario un supporto”, Livello 2: “è necessario un supporto significativo”, Livello 3: “è necessario un supporto molto significativo”) (DSM-5).

Queste sono indicazioni per la diagnosi ed “etichette” perlopiù utili ai clinici: è importante specificare che quando ci troviamo di fronte un/a bambino/a, ragazzo/a o adulto/a con autismo le etichette e le classificazioni contano ben poco: non c’è un manuale di comportamento visto che, come ben specifica la parola “spettro”, esistono infinite combinazioni di questo disturbo. Per questo ogni persona con autismo è unica e va conosciuta in quanto tale!

TERAPIA e INTERVENTI

“Pur non esistendo trattamenti e “cure” per l’autismo, la ricerca e l’esperienza di diversi decenni ha portato ad individuare una serie di interventi che possono dare buoni risultati per migliorare la qualità di vita e l’autonomia delle persone con autismo e delle loro famiglie” [9].

Prima di approfondire la tipologia di interventi è bene specificare che questi devono essere quanto più precoci possibile. Solo attraverso la tempestività, infatti, si possono raggiungere i migliori esiti per l’evoluzione e l’adattamento del bambino, secondariamente vanno privilegiate la costanza e l’intensità.

Vediamo gli interventi principali.

L’Analisi comportamentale applicata (Solitamente nota come ABA)

Si tratta della procedura probabilmente più utilizzata per l’autismo. Si basa sull’identificazione, osservazione, misurazione e valutazione di specifici comportamenti problematici. Vengono analizzate con precisione le variabili che innescano (antecedenti) e mantengono (conseguenze) il comportamento osservabile al fine di modificarle e introdurre nuove modalità comportamentali più adattive. Gli studi sostengono la sua efficacia nel miglioramento delle abilità intellettive, del linguaggio e delle autonomie personali, cioè le abilità necessarie per la vita quotidiana. 

Questo intervento comprende principalmente tecniche comportamentali tra cui compaiono:

  • il video modeling che consiste nella presentazione di filmati che illustrano la modalità adeguata di comportamento in certi contesti o la corretta esecuzione di azioni specifiche che si vuole che il/la bambino/a acquisisca. Alla visione segue l’imitazione dei comportamenti osservati al fine di favorire una forma di autoapprendimento. Come modelli possono essere coinvolti coetanei o coetanee o adulti/e conosciuti o meno.
  • strategie basate sul rinforzo. Per far sì che la persona metta in atto più spesso un determinato comportamento si utilizza il rinforzo positivo. Questa tecnica consiste nel premiare la persona dopo l’esecuzione del comportamento desiderato e si continua a premiarla ogni qual volta lo ripeterà. Il rinforzo positivo favorisce l’acquisizione di un comportamento.
  • La Token Economy consiste in un accordo tra due parti: un adulto (genitore, insegnante, psicologo) e il/la bambino/a. L’accordo stabilisce che per ogni comportamento corretto, quest’ultimo riceverà un bollino premio o un punto. Insieme si stabilirà un “menù premi” tra i quali scegliere in base al numero di bollini guadagnati grazie ai suoi comportamenti adeguati.
  • La tecnica dello shaping che si utilizza quando il comportamento desiderato non si è ancora mai verificato. Essa consiste nel premiare tramite rinforzi positivi ogni approssimazione che si avvicina al comportamento desiderato. Se per esempio un bambino non guarda mai negli occhi il genitore, si premierà ogni qual volta guarderà la bocca del genitore e si continuerà a premiare qualora lo sguardo si sposti verso gli occhi.

È importante precisare, però, che i risultati di questi interventi possono variare molto da bambino a bambino. 

Il TEACCH (Trattamento ed Educazione dei Bambini Autistici e con Disturbi Correlati della Comunicazione).

Questo approccio che consiste in un insegnamento strutturato, basato sulla valutazione dei punti di forza e di debolezza del bambino e su alcuni principi generali come l’organizzazione dell’ambiente fisico, la valorizzazione degli ausili visivi e la partecipazione della famiglia al programma di intervento. L’obiettivo infatti coincide con il potenziamento delle autonomie del bambino e il miglioramento della sua qualità di vita personale, sociale e lavorativa (o scolastica). A differenza dell’approccio precedente, mira principalmente a modificare l’ambiente in cui è inserito il bambino o la bambina in modo che l’apprendimento sia reso più agevole e che vengano ridotte le situazioni che generano frustrazione, le quali favorirebbero infatti il verificarsi dei comportamenti problema. Questo intervento si è dimostrato molto valido per il miglioramento di abilità motorie, cognitive e comunicative. 

In generale, l’efficacia degli interventi aumenta se tutte le persone che interagiscono con i bambini adottano le stesse modalità di comunicazione e di comportamento. Ecco perché è indispensabile che i genitori e le persone che passano molto tempo con questi bambini siano sempre attivamente coinvolti e guidati dai professionisti. Il ruolo del genitore è stato riconosciuto come fondamentale, non solo per la condivisione degli obiettivi e delle strategie da adottare, ma anche per migliorare la comunicazione con il bambino, ridurre l’angoscia e migliorare l’autoefficacia genitoriale. Grazie al sostegno di professionisti, i genitori vengono guidati verso l’apprendimento e l’acquisizione di modalità di comunicazione e interventi utili per favorire lo sviluppo e le capacità comunicative del figlio o nella figlia. È fondamentale inoltre che i genitori possano esprimere i propri vissuti emotivi e condividerli con il terapeuta, ma anche con altri genitori che vivono le stesse difficoltà. 

Non esistono invece terapie farmacologiche specifiche per il trattamento dell’autismo. È possibile invece che in alcuni casi vengano prescritti dei farmaci se nel bambino o nella bambina con autismo si presentano comportamenti etero o auto-aggressivi o se sono presenti altre patologie che richiedono un trattamento farmacologico. 

In conclusione vogliamo riportare l’esempio di un personaggio conosciuto con sindrome dello spettro autistico. Si tratta di Temple Grandin, nota per aver realizzato “la macchina degli abbracci”: uno strumento ispirato alle gabbie di contenimento utilizzate per il bestiame al fine di renderlo più calmo in situazioni stressanti come prima della macellazione. Allo stesso modo la sua invenzione sarebbe riuscita a calmare persone come lei in situazioni percepite come fortemente stressanti grazie all’azione di una macchina che simula un abbraccio.

Come è possibile vedere da questo esempio, l’ingegno umano e la capacità di adattamento non sono definiti soltanto dai limiti cognitivi o relazionali della persona. Per far sì che ciò avvenga, però, è indispensabile riconoscere tali difficoltà, specie se si tratta di un disturbo complesso e invalidante. Solo identificandolo si può pensare di sfruttare ogni potenzialità dell’individuo.

Benedetta Ciabattoni
Beatrice Moretti

Bibliografia

[1] Williams, D. (1998). Il mio e loro autismo. Itinerario tra le ombre e i colori dell’ultima frontiera. Armando Editore.

[2] Yirmiya, N., Kasari, C., Sigman, M., & Mundy, P. (1989). Facial expressions of affect in autistic, mentally retarded and normal children. Journal of Child Psychology and Psychiatry, 30(5), 725-735.

[3] Geschwind, D. H. (2011). Genetics of autism spectrum disorders. Trends in cognitive sciences, 15(9), 409-416.

[4] Murdoch, J. D., & State, M. W. (2013). Recent developments in the genetics of autism spectrum disorders. Current opinion in genetics & development, 23(3), 310-315.

[5] Rosenberg, R. E., Law, J. K., Yenokyan, G., McGready, J., Kaufmann, W. E., & Law, P. A. (2009). Characteristics and concordance of autism spectrum disorders among 277 twin pairs. Archives of pediatrics & adolescent medicine, 163(10), 907-914.

[6] Taniai, H., Nishiyama, T., Miyachi, T., Imaeda, M., & Sumi, S. (2008). Genetic influences on the broad spectrum of autism: Study of proband‐ascertained twins. American Journal of Medical Genetics Part B: Neuropsychiatric Genetics, 147(6), 844-849.

[7] American Psychiatric Association (2013). Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Quinta edizione, DSM-5. Raffaello Cortina Editore: Milano

[8] Bogdashina, O. (2016). Sensory perceptual issues in autism and asperger syndrome: different sensory experiences-different perceptual worlds. Jessica Kingsley Publishers.

[9] Istituto Superiore di Sanità. (2011). Linea Guida 21 (LG21)

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