Giornata Nazionale dell’Afasia
Quanto è importante per te comunicare?
L’essere umano è dotato di un complesso sistema di comunicazione che si attua all’interno della relazione con l’altrǝ. Per questo, quando si parla di comunicazione, si fa riferimento ad un’attività sociale che coinvolge sia il canale verbale attraverso il linguaggio, sia il canale non verbale attraverso il corpo. Possiamo dire che siamo fattз di comunicazione dalla testa ai piedi! Quando siamo felici regaliamo sorrisi; quando siamo agitatз ci muoviamo ininterrottamente; quando abbiamo paura ci irrigidiamo; quando siamo arrabbiatз tendiamo ad alzare il tono della voce. Persino con il silenzio possiamo parlare!
In tutti questi casi, il pilastro portante è la condivisione. Comunichiamo per condividere gli stati interni che riguardano i nostri pensieri, le nostre emozioni e le nostre intenzioni. Siamo immersз in una rete sociale, dove la comunicazione non può avvenire in assenza di una reciproca condivisione.
Questo processo dinamico richiede delle abilità cognitive elevate che permettano di tradurre i pensieri in parole, di comprendere il significato di ciò che ascoltiamo o leggiamo e di riconoscere nell’altrǝ un sistema di credenze e pensieri personali (questa capacità si chiama teoria della mente). Tutti questi aspetti non sono “inclusi nel pacchetto” al momento della nascita, ma li sviluppiamo e li potenziamo durante le varie fasi di vita, con l’obiettivo di diventare abili comunicatori.
E se all’improvviso questo meccanismo smettesse di funzionare? Ad esempio, se ci accorgessimo di non riuscire più a costruire un discorso di senso compiuto, oppure pronunciassimo le parole in modo scorretto, o ancora, non cogliessimo il significato di quello che ci viene detto. In questi casi, la capacità di comunicare viene meno e, insieme ad essa, si osserva una riduzione delle interazioni sociali con conseguenti ripercussioni sulla qualità della vita.
Abbiamo appena varcato la soglia delle afasie!
L’afasia si configura come un disturbo del linguaggio dovuto al danno, e alla conseguente disfunzione, di specifiche regioni cerebrali [1].
Più comunemente, il disturbo afasico si osserva in seguito ad ictus, con una frequenza stimata pari al 30% nella fase acuta e 34% nella fase di recupero [2]. Tuttavia, l’afasia può manifestarsi anche in altre condizioni, come nel caso dei traumi cranici, tumori cerebrali o disturbi neurocognitivi (demenze)
L’incidenza è strettamente legata all’età: sotto ai 65 anni, la probabilità di manifestare il disturbo afasico è del 15%, valore che aumenta nelle persone con un’età superiore agli 85 anni (43%) [3].
Tuttavia, bisogna precisare che l’afasia non include tutti i disturbi del linguaggio esistenti al mondo. Le difficoltà linguistiche nel contesto del disturbo afasico non sono legate ad un malfunzionamento dei sistemi sensoriali o motori, ma ad una mancata elaborazione delle informazioni a livello cerebrale (le vie motorie, sensoriali e i muscoli che producono il linguaggio non sono compromessi).
Consideriamo la difficoltà di comprensione del linguaggio parlato. Una tale lacuna nell’ambito dell’afasia non è dovuta ad una problematica del sistema uditivo, piuttosto ad una mancanza di elaborazione dei dati a livello cerebrale. Quindi, nell’afasia l’informazione viene colta correttamente a livello sensoriale, ma una volta raggiunta la sede cerebrale di elaborazione, il meccanismo si inceppa [1].
La sintomatologia nel disturbo afasico è molto variabile: da piccole lacune si può arrivare alla completa perdita delle componenti linguistiche, tra cui quella semantica, grammaticale, fonologica, morfologica e sintattica [3]. Vista l’elevata variabilità, possiamo osservare diversi quadri clinici che fanno capo a diverse difficoltà comunicative.
Negli anni sono stati proposti diversi metodi di classificazione; quello più recente è stato elaborato da Norman Geschwind, Frank Benson, Harold Goodglass e Edith Kaplan nel 1960, conosciuto come classificazione di Boston. Quest’ultimo prevede otto sottotipi che si distinguono sulla base della fluenza (scorrere del linguaggio) e sull’abilità di comprensione e ripetizione del linguaggio, sia scritto che orale [4].
L’afasia fluente è caratterizzata principalmente da difficoltà nella comprensione, con un eloquio abbondante, ma incomprensibile in quanto ricco di parafasie fonemiche (fenomeni di sostituzione, omissione, ripetizione o aggiunta di fonemi all’interno della parola) e semantiche (la parola espressa non corrisponde a quella pensata). Nell’afasia non fluente invece, l’eloquio è scarso, privo di intonazione e con frasi brevi e semplici, caratterizzate da agrammatismo (perdita delle regole grammaticali e sintattiche) [1]. La tipologia fluente viene maggiormente rappresentata dall’afasia di Wernicke, mentre quella non fluente è capitanata dall’afasia di Broca. Entrambe prendono il loro nome dalla sede lesionale e sono conosciute rispettivamente come afasia recettiva ed espressiva [5].
Il quadro clinico più grave si osserva nell’afasia globale in cui comprensione e ripetizione sono fortemente compromesse. Le persone con afasia globale possono produrre soltanto poche parole riconoscibili e non riescono a comprendere, se non parzialmente, il linguaggio scritto e orale [3].
Questa panoramica sulle afasie ci permette di vedere la comunicazione come un tassello fondamentale della nostra vita. Ci offre la possibilità di esprimere la nostra identità, di costruire e mantenere le relazioni sociali, e quindi di gestire il nostro benessere generale [6].
Risulta quindi evidente come le difficoltà nella comunicazione vanno ben oltre l’ambito del linguaggio, includendo anche altri aspetti della realtà individuale. In seguito alla comparsa del disturbo afasico si va incontro all’isolamento sociale e a conseguenti cambiamenti nelle relazioni interpersonali. Anche il rientro nel contesto lavorativo risulta difficoltoso, generando una perdita della propria autonomia e indipendenza [7].
La comunicazione non è solo parola o gesti. È anche relazione, rete sociale e comunità. Quando questa viene a mancare, la persona può vedere svanire la propria partecipazione alla vita di comunità. Anche una conversazione con unǝ amicǝ può diventare un momento di sofferenza, con la conseguente tendenza ad evitare tali occasioni.
Ma non finisce qui, perché proprio in questo contesto entra in gioco la riabilitazione portando un piccolo barlume di speranza!
Negli anni sono state elaborate tante pratiche riabilitative con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita della persona con afasia. L’intervento viene calibrato sulla persona e costruito sulla base dei suoi bisogni con un occhio di riguardo alle abilità residue [3]. In particolare, si lavora sulla partecipazione sociale e sul benessere globale con l’obiettivo di reintrodurre la persona nel mondo sociale [7]. Perché sì, l’afasia lascia senza parole, ma da animali sociali non possiamo fare a meno della nostra socialità!
Giada Murgia
BIBLIOGRAFIA
- Làdavas, E. & Berti A. (2014). Neuropsicologia. Bologna: Il Mulino
- Haro-Martínez, A., Pérez-Araujo, C. M., Sanchez-Caro, J. M., Fuentes, B., & Díez-Tejedor, E. (2021). Melodic Intonation Therapy for Post-stroke Non-fluent Aphasia: Systematic Review and Meta-Analysis. Frontiers in neurology, 12, 700115.
- Le, H., & Lui, M. Y. (2021). Aphasia. In StatPearls. StatPearls Publishing.
- Sheppard, S. M., & Sebastian, R. (2021). Diagnosing and managing post-stroke aphasia. Expert review of neurotherapeutics, 21(2), 221–234.
- Kiymaz, T., & De Jesus, O. (2021). Progressive Nonfluent Aphasia. In StatPearls. StatPearls Publishing.
- Rangamani, G. N., & Judovsky, H. M. (2020). Quality of Communication Life in People with Aphasia: Implications for Intervention. Annals of Indian Academy of Neurology, 23(Suppl 2), S156–S161.
- Pallavi, J., Perumal, R. C., & Krupa, M. (2018). Quality of Communication Life in Individuals with Broca’s Aphasia and Normal Individuals: A Comparative Study. Annals of Indian Academy of Neurology, 21(4), 285–289.