Come si inserisce il concetto di adolescenza in un’epoca storica dove i punti di riferimento sembrano spesso vacillare? Come viene superata la classica crisi adolescenziale in contesti in cui il fenomeno della globalizzazione fa da protagonista? Cerchiamo di rifletterci meglio insieme!
Per tentare di comprendere più a fondo quanto la globalizzazione colpisca tutti, senza distinzioni etniche o politiche, ci aiutano le parole di Bauman: “(…) L’idea di globalizzazione rimanda al carattere indeterminato, ingovernabile e autopropulsivo degli affari mondiali; ancora, fa pensare all’assenza di un centro, di una sala di comando, di un consiglio di amministrazione, di un ufficio di direzione. La globalizzazione è il <<nuovo disordine mondiale>> di Jowitt espresso con altro nome.” (1998, p. 67)
Questo disordine, ci collega ad una sensazione di disorientamento che non è distante dalla frammentazione di cui soffrono moltissime quotidianità familiari, così come gli ambienti scolastici. Conseguenza ormai riscontrata, sembra essere l’aumento delle richieste presso i servizi di salute mentale.
All’interno di un panorama simile, come si inserisce la figura dell’adolescente? Come diventa abile nel processo di definizione identitaria, sempre ricco di intense sfide e dubbi esistenziali? Quali sono oggi le strategie che la società e i contenitori familiari concedono ai nostri giovani per superare la tipica crisi adolescenziale, turbolenta sia fisiologicamente che emotivamente?
L’evoluzione in una società frammentata
Il termine “adolescente” non esiste da sempre: le società pre-ottocentesche non ne presentano traccia; vi era unicamente una sostanziale linea di demarcazione tra adulti e bambini. La pensabilità di una fase di passaggio tra l’essere bambino e l’essere adulto e la centralità della psicologia dell’età evolutiva iniziano a farsi spazio dall’Ottocento in poi. Fino a poco prima dello sviluppo degli anni ’60, e di tutti gli avvenimenti storici di cui furono portatori, la crisi adolescenziale era vista come epoca sì, di forti cambiamenti, ma che potevano essere comunque affrontati e superati dai giovani proiettandosi nel mondo adulto secondo un programma prestabilito e socialmente accettabile (Caramia, 2011; Luciani, 2018).
“Oggi si potrebbe dire che l’adolescenza si sa quando inizia ma non quando finisce in quanto i giovani, anche per motivi di studio od economici, prolungano la permanenza in casa dei genitori e la dipendenza da loro.”
(Caramia, 2012, p. 171).
Oggi si assiste ad un distacco dalla famiglia d’origine sempre più tardivo e ad una spesso riscontrata dipendenza dalle figure genitoriali. In passato la figura del “pater familia” era vista come impossibile da mettere in discussione e legittimata a dare severe punizioni se fosse stato ritenuto necessario. Anche l’insegnante era visto in maniera differente, poiché godeva di maggiore rispettabilità e poteva essere anche molto temuto dai suoi alunni: ricordiamo le famose bacchette utilizzate con i più indisciplinati. Si trattava di un modello di riferimento rigido che ammetteva una certa dose di violenza. D’altronde, ci stiamo riferendo agli anni più vicini a quelli delle grandi guerre (Di Biagio, 2019).
Di fronte ad analisi come queste, potremmo forse ammettere di essere fortunati oggi! Siamo di fronte a scenari davvero diversi, abbiamo altre discussioni da affrontare. Non possiamo ignorare, tuttavia, anche l’esistenza di fragilità non indifferenti nel sistema familiare ed istituzionale, il quale non è sempre in grado di fornire messaggi chiari ed indicazioni certe.
Anzi… Riprendendo Bauman, disordine, disorientamento, confusione, fanno spesso da padrone nell’epoca attuale. Gli anni di studio e di formazione sono molto più dilatati e la ricerca lavorativa non può dirsi semplice. Esiste una miriade di possibilità, a volte faticose da rincorrere… Forse troppe? Ognuno avrà la sua visione, ma in molti casi, tra i giovani protagonisti della nostra epoca, si riscontra un generalizzato senso di scoraggiamento, una disillusione che ha in sé elementi spesso collegati a potenziali crolli psicologici. Sarebbe quindi riduttivo oggi, analizzare l’adolescenza ancorandola solo agli stravolgimenti della pubertà, dunque intendendola nei suoi aspetti fisiologici, come avveniva fino a prima degli anni ‘60.
Si è giunti ad una riflessione che affianca alla natura dei cambiamenti fisici, anche i possibili aspetti patologici di questa complessa fase di vita. Conoscersi come un individuo nuovo, ricostruirsi, affrontare il processo di maturità sessuale, fare i conti con ciò che significa “amore”, allontanandosi dalla sola idea di “Altro familiare” (Luciani, 2018, p.47), guardare i peer (i coetanei) come punti di riferimento necessari, ecc. sono tutte sfide nuove e molto complesse, impossibili da sottovalutare.
(Caramia, 2012; Luciani 2018).
Inoltre, altro elemento non di poco conto è quello della cornice culturale e dei valori sociali di riferimento. Sarebbe davvero poco attendibile per psicologi o psicoterapeuti relazionarsi allo stesso modo con un adolescente italiano da sempre coinvolto nella sua cultura occidentale, rispetto ad un ragazzo proveniente da uno sperduto villaggio dell’Africa sub-sahariana, volendo citare solo un esempio. Da un punto di vista personale, al giorno d’oggi sembra fondamentale sensibilizzare con la diversità culturale, per evitare di inciampare in rischiose generalizzazioni.
Si pensi solo ad alcune tradizioni in cui vivono molte popolazioni africane o della Nuova Guinea, vi sono riti di passaggio antichissimi; si tratta di vere e proprie sfide da affrontare, il cui superamento designa il passaggio all’età adulta, ufficializzando l’essere diventati “uomini”. Un processo di svincolo familiare chiaro e conciso che non incontra alcuna analogia nei Paesi occidentali. Laurearsi o diplomarsi, ad esempio, sono eventi ritenuti molto importanti, ma ben lontani dal poter confermare con certezza un’identità di adulto. Di conseguenza, potremmo ammettere che il processo di adultizzazione e il passaggio da una fase di vita all’altra, siano inevitabilmente determinati anche dalle tradizioni e dai riferimenti culturali con cui entriamo in relazione fin dagli anni dell’infanzia (Luciani, 2018).
L’adolescente del ventunesimo secolo
Sono molte le ricerche che evidenziano tra gli adolescenti il rischio di sviluppo di sindromi da isolamento, altrettante sono le riflessioni attorno agli aspetti narcisistici che spesso mostrano. Le differenze tra la generazione degli adolescenti di oggi, quella dei genitori e ancor prima quella dei nonni, sono state rese anche attraverso la classificazione che segue (Howe e Strauss, 2000):
Generazione Z, che include tutti i nati dal 1997 ad oggi, anche conosciuti come “post-millennials”; Generazione Y, i nati dal 1981 al 1995, definiti anche “millennials” o “nativi digitali” e “net generation”; arriviamo poi ai nati tra il 1965 e il 1980: la generazione X. Infinei“Baby Boomers”, nati tra il 1946 e il 1964 (Roberti, 2017).
Vediamo sempre più giovani proiettati verso l’utilizzo spasmodico della tecnologia, protagonisti di un costante legame con la condivisione, dal quale spesso nascono pericolose dipendenze. Una spinta alla socialità che però contrasta con l’evidente corsa al protagonismo, di cui la pratica del “selfie” è un esempio centrale. E’ necessario sottolineare come, talvolta, la continua ricerca di conferme da parte degli “amici sui social”, nasconda forti difficoltà relazionali ed esistenziali, sofferte in particolare dai più giovani. Da una lato si spera di ricevere apprezzamenti e di essere riconosciuti, così da dar forza ad un’identità in fase di costruzione, dall’altro, si evince una forte debolezza dei legami che ne vengono fuori. L’adolescente si aggrapperebbe ai social per evitare di mettersi davvero in gioco nelle relazioni, le quali sarebbero viste come una sfida difficile, temute soprattutto dal punto di vista emotivo. Si parla di una sorta di negoziazione della propria identità: Bauman ha sottolineato che il giovane si troverebbe a dover scegliere quale aspetto della propria personalità mettere in campo quotidianamente: una continua oscillazione tra individualismo e condivisione, tra piena attenzione verso se stessi e sfrenato bisogno di riconoscimento dalla rete dei pari. La connessione al social rimane, inevitabilmente, uno strumento indispensabile (Roberti, 2017).
Le difficoltà vengono riscontrate soprattutto laddove, durante l’infanzia, le figure genitoriali sono risultate incapaci di leggere i desideri del piccolo. Da un punto di vista winnicottiano, si potrebbe dire che la crisi adolescenziale verrebbe affrontata più facilmente anche grazie alla presenza di madri “sufficientemente buone” in fase infantile. Genitori empatici e responsivi verso le esigenze di un futuro adolescente, farebbero da pilastro per l’investimento in nuovi oggetti d’amore, non più identificabili solo con l’Altro familiare (Luciani, 2018, p.47).
“L’adolescente sufficientemente sano tollera il suo “farsi” che richiede tempo, l’adolescente che ha dentro di sé una storia emotiva accidentata non ha strumenti che gli consentano di tollerare la sua incertezza esistenziale.”
(Alipandi, Pelanda; 2003).
La fame di esperienze passa necessariamente attraverso la conoscenza di frustrazioni e delusioni, che nella quotidianità adolescenziale si configurano spesso come delusioni sentimentali o amicizie fallite. L’adolescente può risultare preso dalla paura di essere deluso o rifiutato, questo è qualcosa di troppo difficile da sopportare, specialmente se si è privi di riferimenti solidi. Dunque, le soluzioni che spesso incontra sono proprio quelle oggi definite patologiche: isolamento sociale (la sindrome dell’hikikomori ne è esempio perfetto), uso sfrontato di social ed internet con frequentissima diffusione di immagini di sé (il selfie è ormai pratica prevalente tra i più giovani), problemi relazionali, dipendenze affettive o da sostanze. Queste sono tutte condotte potenzialmente rischiose, che allontanerebbero dalla costruzione di un Io libero ed integrato (Luciani, 2018).
Volendo esprimere un’opinione personale, oggi non sembra semplice definire quale sia l’atteggiamento corretto da assumere di fronte alla sfera di difficoltà alla quale un adolescente può esporsi. Uscire fuori dai classici stereotipi “Ah, ai miei tempi era diverso…” , “Ah… I ragazzi di oggi…”, per citarne solo alcuni, forse potrebbe essere il primo passo per abbracciare un mondo delicato e molto sfaccettato di cui ogni singolo ragazzo è diversamente protagonista.
Nel 2017, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha proposto il progetto “AA-HA!” (“Accelerated Action for the Health of Adolescents”, Azione Accelerata per la Salute degli Adolescenti), per invitare tutti i paesi del mondo ad una maggiore attenzione verso la salute degli adolescenti, dotando di linee guida rispetto al problema. Tale guida riprenderebbe dati statistici sulla mortalità giovanile e sulle difficoltà che a livello globale vengono affrontate, ma non solo. Il progetto riporta anche possibili soluzioni e strategie risultate efficaci, da poter mettere in campo nuovamente.
“Age is not the only significant factor. Young people should be considered in all their diversity, including those most at risk of being left behind – such as individuals with disabilities or chronic illnesses; living in remote locations; caught up in social disruption; or stigmatized and marginalized because of sexual orientation, gender identity or ethnicity”. (WHO, 2018, p. 2).
(“L’età non dovrebbe essere l’unico fattore significativo. I giovani dovrebbero essere considerati in tutta la loro diversità, includendo anche tutti coloro che sono maggiormente esposti al rischio di essere lasciati indietro – per esempio individui con disabilità o malattie croniche; coloro che vivono in località molto remote; i coinvolti in situazioni di particolare disagio sociale; o tutti coloro che vengono stigmatizzati e marginalizzati a causa del loro orientamento sessuale, di identità di genere o etnia”).
Greta Bonfigli
Psicologa iscritta all’Albo degli psicologi della Regione Marche.
Formazione all’esercizio della psicoterapia presso la scuola COIRAG
Bibliografia
Aliprandi M., Pelanda E. (2003), Qualche riflessione sul lavoro psicoterapeutico con gli adolescenti. Ricerca Psicoanalitica, Anno XIV, n. 2, pp. 197-202.
Bauman Z. (1998). Dentro la globalizzazione, Economica Laterza, Bari-Roma.
Caramia G. (2012). L’adolescenza ieri e oggi: aspetti assistenziali. Adolescence yesterday and today: care issues. Ped. Med. Chir. (Med. Surg. Ped.), 34, 169-178.
Di Biagio P. (2019), L’eterna storia del disagio giovanile nell’era di internet. Riflessioni sul fenomeno delle dipendenze patologiche e il suo evolversi nel tempo.
Luciani D. (2018). La dittatura del godimento, Alpes Italia, Roma.
Marocco Muttini C., Marchisio C.M. (2009). Rischi di evoluzione patologica in prima adolescenza. Riv. Psicol. Indiv. 65, 7-16.
Roberti G. (2017). Vite da Millennials, culture e pratiche comunicative della generazione Y, Guerini Scientifica.
WHO, 2017, Global Accelerated Action for the Health of Adolescents.
WHO, 2018, Engaging young people for health and sustainable development. Strategic opportunities for the World Health Organization and partners.